Le grandi installazioni ambientali di EDWARD KIENHOLZ.

Scavando nei ricordi di una visita ad una casa di tolleranza, Kienholz aveva infatti riprodotto nei minimi dettagli un tipico bordello dell’America…

Edward Kienholz - Roxy's
Roxy’s – Edward Kienholz

Quello che si apre davanti ai nostri occhi, attraverso due lunghe finestre rettangolari, è un ampio locale arredato con mobili d’epoca, elegante e accogliente ma pervaso da un senso di sospensione proprio dei luoghi rievocati attraverso la memoria. A perturbare lo spettatore sono però le figure che popolano questo luogo: tra divani, tavolini, tappeti e sullo sfondo di una carta da parati impreziosita da quadretti di genere spuntano infatti figure deformi e assurde, caricature di esseri umani che sembrano raccontarci storie di orrore quotidiano.

Edward Kienholz - Roxy's
Roxy’s – Edward Kienholz

La scena appena descritta è quella che si presentava ai visitatori di Punta della Dogana a Venezia tra il 2011 e il 2013, e si riferisce a “Roxy’s”, installazione ambientale realizzata dall’artista americano Edward Kienholz (1927 – 1994) tra il 1961 e il 1962. Gli spazi della Fondazione Pinault sono stati solo una delle tappe della circolazione internazionale dell’opera, ma in questa specifica occasione la scelta di vietare l’accesso al pubblico all’interno della stanza, rendendola così visibile solo dalle finestre e da una porta sul lato breve, ha mutato radicalmente la fruizione dell’opera e il suo senso così come erano stati concepiti in origine dall’autore. Scavando nei ricordi di una precoce visita ad una casa di tolleranza del Nevada, Kienholz aveva infatti riprodotto nei minimi dettagli un tipico bordello dell’America dei primi anni Quaranta, e, dopo essersi procurato mobili originali dell’epoca, lo aveva popolato con rappresentazioni grottesche di prostitute e disseminato di oggetti e particolari che ne raccontavano le storie, immaginarie ma specchio della realtà sociale a cui l’opera era ispirata.

Edward Kienholz - Roxy's
Roxy’s – Edward Kienholz

Condizione essenziale per percepire questo intreccio di vicende è ovviamente la piena fruizione dell’ambiente, che nelle intenzioni di Kienholz doveva essere percorso e “vissuto” dai visitatori, invitati a sedersi sui divanetti, avvicinarsi agli oggetti e cogliere tutti gli indizi disseminati dall’artista. In questo modo lo spettatore più attento poteva riconoscere nella minacciosa figura che presidia la stanza, una donna corpulenta con un teschio di cinghiale al posto della testa, la maîtresse del postribolo, o scoprire la triste storia di Miss Cherry Delight, una testa di manichino sospesa a mezz’aria davanti ad uno specchio per il trucco, leggendo una lettera abbandonata in un cassetto poco distante e scritta a mano dalla sorella della ragazza. La narrazione frammentata e non lineare di Kienholz lasciava quindi allo spettatore la scelta di una difficile ricostruzione dell’identità delle figure che abitano Roxy’s, unico atto compensativo possibile di fronte alla completa deumanizzazione dei loro corpi, scomposti e ricomposti con oggetti di uso comune fino a diventare strumenti di meri processi meccanici.

 

Tolta la possibilità di esplorare l’installazione, non è rimasto che l’aspetto di più immediata percezione del duro attacco di Kienholz al mercato del sesso, quello appunto basato sul fascino sinistro e malato che queste figure esercitano su chi le guarda. Curiosamente, limitare l’osservazione ad un punto di vista che dall’esterno guarda verso l’interno ha accentuato una componente voyeuristica dell’opera che in realtà l’artista aveva solamente abbozzato e che invece approfondirà un opere successive. Per quanto in nuce, questo aspetto fa comunque correre la mente alla contemporanea “Étant donnés, ultima e clamorosa installazione realizzata da Marcel Duchamp, in cui gli spettatori sono invitati ad osservare un nudo femminile attraverso gli spioncini di una porta di legno massiccio.

 

Étant donnés - Marcel Duchamp
Étant donnés – Marcel Duchamp
Étant donnés - Marcel Duchamp
Étant donnés – Marcel Duchamp

Kienholz e Duchamp ebbero modo di conoscersi agli inizi degli anni Sessanta in occasione della partecipazione ad alcune mostre al Pasadena Art Museum di Los Angeles, e non è difficile riconoscere nelle opere del più giovane artista più di un tributo al maestro del Dadaismo. La realizzazione di “Étant donnés” copre un lungo arco di tempo che va dall’anno del ritiro dalle scene di Duchamp, il 1946, all’anno della sua morte, il 1966, e certamente l’opera impressionò Kienholz che la citerà esplicitamente molti anni dopo in “The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also (1980). Più difficile stabilire un’influenza diretta su “Roxy’s: Étant donnés” fu tenuta segreta da Duchamp fino all’ultimo e presentata al pubblico postuma nel 1966, ovvero tre anni dopo l’opera di Kienholz. Rimane l’affascinante coincidenza per cui i due artisti presentarono quasi contemporaneamente, uno alla fine della carriera, l’altro in un momento di svolta che era di fatto un nuovo inizio, due opere ambientali destinate a diventare capisaldi dell’arte installativa, con le quali volevano solleticare la pudicizia del pubblico trattando in modo così scabroso ed esplicito temi di natura sessuale.

The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also - Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also – Edward & Nancy Reddin Kienholz

Per Kienholz fu il primo passo in un genere che lo consegnerà alla storia come uno dei più influenti artisti americani del secondo Novecento. Prima di Roxy’s la sua arte era certamente meno spettacolare ed incisiva, ma già estranea all’estetica di facile presa della Pop Art che iniziava a dominare nelle gallerie americane verso la fine degli anni Cinquanta. Anche per questo l’artista visse lunghi anni di stenti, adattandosi a qualsiasi lavoro per sopravvivere e cercando materiale per le sue opere nelle discariche e ovunque le persone gettassero quanto ritenevano inutile. “A Los Angeles la gente butta via così tante cose che non hai bisogno di comprare niente” diceva Kienholz, e questa constatazione fu fondamentale per fare delle necessità una virtù, reimpiegando le abilità apprese lavorando come carpentiere e meccanico per iniziare ad assemblare opere che svelavano uno dei volti più oscuri del capitalismo: lo spreco.

 

Roxy’s fu una svolta, si diceva, ed effettivamente è con quest’opera che la visione di Kienholz, fino ad allora limitata a piccoli assemblaggi affini alla corrente materica dell’arte informale, assunse un carattere ambientale iniziando a raccontare gli orrori del consumismo su scala reale. Un salto in avanti di vent’anni ci porta a “The Hoerengracht” (1983 – 1988), ultima grande installazione ambientale dell’artista e, di fatto, rielaborazione delle idee messe in scena in Roxy’s. Dal Nevada degli anni Quaranta siamo passati alla Amsterdam degli anni Ottanta, per ritrovarci in un altro luogo dove il sesso è oggetto di mercato e il corpo umano venduto come prodotto di consumo: il celeberrimo quartiere a luci rosse. Lo spazio esplorabile dell’opera viene confinato, questa volta per precisa volontà dell’autore, alla sola area “pubblica” di un vicolo su cui si affacciano riproduzioni incredibilmente realistiche delle ben note vetrine e delle loro protagoniste.

 

The Hoerengracht - Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht – Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht - Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht – Edward & Nancy Reddin Kienholz

Se nell’idea originale di Roxy’s lo spettatore viene messo nei panni del cliente che ha già superato il limite della morale entrando nel bordello, in The Hoerengracht viene posto prima di quella scelta, quando l’atto è ancora potenziale e il fascino esercitato dalle vetrine si basa sull’osservazione dall’esterno e sulla contemplazione di tutte le possibilità del momento. Si tratta di una riflessione sul voyeurismo che investe la società borghese ai livelli più insospettabili, e non a caso il titolo dell’opera deriva dall’Herengracht, il “canale dei gentleman”, uno dei canali più eleganti della capitale olandese che con la semplice aggiunta di una “o” diventa il “canale delle Hoeren”, ovvero delle “puttane”. Pur trattando con intento critico lo stesso argomento, la visione è di fatto speculare rispetto a quella di Roxy’s: dove un tempo un ambiente borghese curato ospitava figure mostruose, qui manichini realistici e dalle sembianze umane sono intrappolati in una terrificante prigione sporca ed angusta, le cui pareti sono ricoperte da una repellente patina di sporcizia e materia organica untuosa.

The Hoerengracht - Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht – Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht - Edward & Nancy Reddin Kienholz
The Hoerengracht – Edward & Nancy Reddin Kienholz

Elemento fondamentale per spiegare questo cambio di approccio è l’influenza di Nancy Reddin, dal 1972 moglie e collaboratrice di Kienholz. Grazie a lei, coautrice dell’opera, la ferocia caricaturale e gli intenti moralistici hanno lasciato il posto ad una più matura constatazione della realtà, che coglie l’orrore senza giudicarne gli attori e che, soprattutto, punta a lasciare un segno più profondo nello spettatore. Nel contrasto tra il senso di repulsione per le stanze del piacere e la compassione che si prova per le figure imprigionate, gli autori hanno inserito il vero messaggio dell’opera, un messaggio che agisce a livello subliminale e supera i pregiudizi dello spettatore, obbligandolo a formulare un’opinione sull’argomento che gli viene esposto nel modo più brutale e realistico possibile.

La prima grande collaborazione tra i coniugi Kienholz risale proprio all’anno del loro matrimonio, e li vede impegnati in un’altra installazione ambientale di respiro scenografico e di spaventoso realismo: “Five Car Stud” (1969 – 1972). Presentata a Kassel nel 1972, in occasione della quinta edizione di Documenta, l’opera conquistò subito il plauso dei critici ma altrettanta irritazione da parte del pubblico, arrivando addirittura ad essere danneggiata. Rinchiusa in un deposito per quattro decenni, nel 2012 l’opera è divenuta proprietà della Fondazione Prada che, oltre a restaurarla, attualmente ne garantisce la circolazione internazionale.

Five Car Stud - Edward and Nancy Kienholz
Five Car Stud – Edward and Nancy Kienholz
Five Car Stud - Edward and Nancy Kienholz
Five Car Stud – Edward and Nancy Kienholz

Il tema dell’installazione è il razzismo della società americana, l’altra grande malattia che Kienholz riconosceva nella contemporaneità. Attorno ad un tappeto di terra e sabbia, i fari di cinque macchine disposte in circolo illuminano un ragazzo di colore aggredito ed immobilizzato da alcuni uomini bianchi. Poco distante, una donna in lacrime viene bloccata all’interno di un’auto da un altro uomo bianco armato di fucile, mentre, in un’altra vettura, un bambino assiste alla scena. Anche in questo caso lo spazio dell’opera è disseminato di oggetti che permettono allo spettatore di comprendere meglio quello che stanno guardando, ma questi non fanno che aggiungere particolari raccapriccianti ad una raffigurazione il cui senso ultimo è di immediata comprensione. Se in “Roxy’s” e in “The Hoerengracht” lo spettatore entra in una dimensione in cui il tempo è dilatato e sospeso e in cui la comprensione di quella realtà sociale offre in qualche modo una sorta di atto riparatorio, in “Five Car Stud” viene catturato un momento di violenza e follia irreparabile e senza fine, a cui non si può che assistere impotenti.

Five Car Stud - Edward and Nancy Kienholz
Five Car Stud – Edward and Nancy Kienholz

Quindi, oltre allo spazio, il tempo è l’altra grande costante nelle installazioni ambientali di Kienholz. L’artista definiva il tempo come lo spazio che separa l’uomo dalla morte, e proprio per questo arrivò addirittura a rappresentare la spreco sistematico che ne è solito fare l’uomo contemporaneo. “The Beanery” (1965) è la ricostruzione in scala ridotta di un vero pub di Los Angeles, in cui i frequentatori, colti nelle normali interazioni sociali che caratterizzano luoghi del genere, sono esseri surreali la cui testa è costituita da orologi fermi tutti alla stessa ora, quella di chiusura del locale. Nella visione caustica di KienholzThe Beanery” è una sorta di vanitas post-moderna, tempio della società capitalista dove l’inevitabilità della morte viene esorcizzata sprecando quanto di più limitato e prezioso l’uomo possieda. Il tempo appunto.

The Beanery – Edward and Nancy Kienholz
The Beanery - Edward and Nancy Kienholz
The Beanery – Edward and Nancy Kienholz

La morte non poteva che essere l’oggetto dell’ultima opera di Kienholz, dove l’artista stesso si consegnò all’eternità con la solennità di un faraone il cui regno è una discarica. Venuto a mancare improvvisamente a causa di un infarto nel 1994, l’artista aveva lasciato disposizioni precise per la propria sepoltura: imbalsamato, fu adagiato sul sedile anteriore della sua vecchia Packard del 1940, e circondato da quanto di più prezioso aveva al mondo. Un dollaro, un pacchetto di carte, una bottiglia di Chianti pregiato e le ceneri del suo cane.

La bara di Kienholz

L’auto, opportunamente seppellita, divenne la sua tomba: fino all’ultimo Kienholz riciclò qualsiasi cosa e la trasformò in arte. Anche la sua stessa salma.

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