Hélène Grimaud – RITORNO A SALEM – Dalla pianista che ama i lupi, un inaspettato romanzo neogotico

il terzo romanzo di Hélène Grimaud, “Ritorno a Salem”, ha sfumature che ricordano la letteratura gotica dell’Ottocento. Forse parzialmente autobiografico…

“Si raccontano molte cose sul mio ritorno ai lupi;
e tutte saranno sbagliate.”

Il titolo potrebbe far pensare alla città americana famosa per i processi alle streghe. No. Questa è un’altra Salem: non è nel Massachusetts, ma nello stato di New York ed è conosciuta per il parco del Wolf Conservation Center, centro per la cura e la salvaguardia dei lupi, fondato nel 1999 dalla pianista di fama internazionale Hélène Grimaud.

Hélène Grimaud ritorno a salem
Hélène Grimaud ritorno a salem

Tuttavia il terzo romanzo di Hélène Grimaud, “Ritorno a Salem”, ha sfumature che potrebbero ricordare la letteratura gotica dell’Ottocento. Forse parzialmente autobiografico (è scritto in prima persona dalla pianista), descrive il casuale ritrovamento di un manoscritto di Brahms in un negozietto di Amburgo che vende vecchi oggetti usati e curiose antichità (fra cui uno specchio che sembra appartenuto a Lewis Carroll). La coincidenza ha un forte impatto emotivo per la pianista, che ha ritrovato il manoscritto proprio in una pausa durante le prove del secondo concerto di Brahms che dovrà suonare di lì a pochi giorni. Nel negozietto aveva comprato per una cifra irrisoria proprio le pagine originali di quegli spartiti, ingiallite, ricche di note su cui campeggiavano le acqueforti di Max Klinger intitolate “Brahmsphantasie”. Quello che però la incuriosiva di più erano i frammenti disordinati di un diario, in cui Brahms (sotto lo pseudonimo di Karl Würth) raccontava del suo viaggio nel bosco in un’isola dell’estremo nord. Un bosco che si era rivelato una sorta di foresta incantata priva di suoni. Angosciante per un compositore trovarsi per giorni solo fra gli alberi e non sentire alcun rumore di vita, come se la natura così silenziosa intorno a lui fosse morta, preda di un incantesimo. Le piante nascondevano un luogo marcescente. Anche l’acqua del torrente era imbevibile, perché sapeva di putredine.

Hélène Grimaud
Hélène Grimaud e i lupi

Una descrizione angosciante anche per una pianista come Hélène Grimaud, che ha studiato etologia negli Stati Uniti e che sa che i suoni della natura sono la particolare firma di ogni foresta. “Non esiste una foresta che non abbia la sua voce”, le aveva detto un amico. Quella descritta da Brahms, invece, era avvolta da un silenzio tombale, una “coltre mortifera” che aveva origine in una radura al cui centro svettava un albero maestoso, così alto che non si poteva scorgerne la cima. Un albero mai visto prima, con foglie dalle varie forme geometriche così diverse una dall’altra che parevano non appartenere alla stessa pianta e, forse, neanche al mondo vegetale.Leggendo il diario, nella mente della pianista continuavano ad affollarsi riflessioni sulla musica e la vita di Brahms, che amava la solitudine e si allontanava spesso dalle persone immergendosi nei boschi; sulle incisioni di Max Klinger, che illustravano il viaggio di Brahms nella foresta spettrale; sulla natura violentata dall’uomo, le specie che si stanno estinguendo a causa nostra, il dolore che abbiamo inferto agli animali.Questi pensieri avevano continuato a turbare Hélène durante tutta la sua tournée. Non riusciva a distogliere la mente da quella natura priva di suoni, priva di animali, priva di vita. L’inquietudine che si era impadronita di lei era mista alla curiosità di conoscere il finale del diario, che ormai teneva sempre con sé. Avrebbe voluto anche approfondire la conoscenza di chi era il vecchio proprietario di quei manoscritti e del perché se ne fosse sbarazzato, ma la notizia che il negozietto di Amburgo aveva cessato l’attività (adesso era un magazzino vuoto che sembrava chiuso da più di dieci anni!) l’aveva sconvolta.

Inoltre, quando pensava alla maledizione che avvolgeva la foresta descritta da Brahms, le tornavano alla mente brani di filosofi (come Nietzsche) e di poeti (come Rilke o Rimbaud) che parlavano della mancanza di empatia dell’uomo nei confronti della natura. Questo le faceva provare una struggente nostalgia per i suoi amici lupi, che da troppo tempo non andava a trovare nei boschi di Salem. Per di più il nome di quella città le riportava alla mente l’altra, più famosa. “Mi sono sempre state simpatiche, le streghe. Le loro conversazioni intime con le divinità della natura, i loro sabba gioiosi”…

Da qui l’indagine sui misteriosi manoscritti ritrovati si intreccia con la vita di Brahms e con la mitologia nordica, con la vita di Hélène Grimaud e i suoi lupi, con i roghi alle streghe e le catastrofi ecologiche.
Le coincidenze si accavallano e cresce lo stato di eccitazione della pianista alla ricerca dei dettagli che confermino l’autenticità del diario. Anche il lettore ne viene travolto come in una detective story, piena di giochi di specchi e di assonanze.

Ciò che emerge prepotentemente durante la lettura di questo thriller metafisico è la cacciata dal giardino dell’Eden vissuta come la perdita di empatia nei confronti della natura. Questa è la malattia che ci portiamo dentro. Lacerante.

Sconvolgente anche l’immagine dell’inferno suggerita nel diario ritrovato: la foresta del silenzio perenne.

Hélène Grimaud
Hélène Grimaud

Hélène Grimaud nasce a Aix-en-Provence nel 1969.
Ha suonato con grandissimi direttori d’orchestra come Claudio Abbado e ha duettato con Sol Gabetta (violoncello). Ama il repertorio romantico tedesco, soprattutto Bramhs.
Ha studiato etologia negli Stati Uniti.
Ha dimostrato di avere talento anche come scrittrice.

Altre informazioni sul sito dell’editore Bollati Boringhieri

Hélène Grimaud
Hélène Grimaud

 

 

 

 

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