LA RESILIENZA DEL BOSCO – La stupefacente capacità di sopravvivenza degli alberi

Dopo “Artico nero” (Matteo Meschiari) e “Chthulucene” (Donna Haraway), ho divorato il bellissimo libro “La resilienza del bosco” di Giorgio Vacchiano

Dopo aver letto “Artico nero” (2016) di Matteo Meschiari, sullo stermino dei popoli dell’Artico, e “Chthulucene” (2016), il saggio di Donna Haraway sulla crisi ecologica, ho divorato, in tempi di emergenza sanitaria (Coronavirus), il bellissimo libro di Giorgio Vacchiano sulla capacità di sopravvivenza degli alberi: “La resilienza del bosco” (2019).

LA RESILIENZA DEL BOSCOL’umanità deve compiere qualcosa che non è mai accaduto nel corso della storia: agire collettivamente come specie per fronteggiare un nemico che ha generato con le sue stesse mani e che minaccia il suo habitat, e di conseguenza la sua stessa sopravvivenza. (…) Lasciamoci allora ispirare dalle foreste: le loro storie ci fanno toccare con mano i fili invisibili che ci collegano al pianeta e ai suoi abitanti, umani e non umani. Ci infondono una sensazione di comunità. Un profondo senso di appartenenza.”

Quello che Giorgio Vacchiano scrive nell’introduzione mi ha riportato alla mente le parole  di Donna Haraway: “Con-diveniamo insieme, gli uni con gli altri, oppure non diveniamo affatto”.
Il senso della nostra esistenza è “vivere e morire bene, l’uno con l’altro”, animali e alberi compresi.

Tutto questo emerge prepotentemente nei vari capitoli della “Resilienza del bosco“, in cui Vacchiano racconta la sua esperienza durante i sopraluoghi nelle foreste colpite da eventi drammatici, come l’eruzione vulcanica del 1980 a Saint Helens, negli Stati Uniti, o la tempesta che si è abbattuta sulle Dolomiti nel 2018. Esperienze che ci fanno riflettere non solo sulle cause, spesso dovute a cambiamenti climatici, ma anche sulle strategie di adattamento alle mutate condizioni ambientali: “le specie animali e vegetali sono molto più attrezzate di quanto pensiamo a reagire ai disturbi, e sanno approfittare di tutto quello che le catastrofi lasciano dietro di sé per ricolonizzare un ambiente apparentemente distrutto”.

 Se tempesta, siccità e fuoco sono i nemici storici, la foresta può avere validi alleati per la ripopolazione. Importante la collaborazione fra semi e uccelli. Altettanto importante, ma meno scontata, quella con il lupo.

Negli Stati Uniti, la caccia al lupo aveva portato a una massiccia proliferazione degli erbivori. Cervi e caprioli, brucando indisturbati, avevano ridotto la crescita di varie piante e arbusti. L’incendio di Yellowstone nell’estate del 1988 fu drammatico, tuttavia negli anni Novanta il ritorno del lupo ha consentito al parco di ripopolarsi più velocemente. Il lupo ha portato un nuovo equilibrio: gli erbivori sono diminuiti e questo ha garantito la rinascita di molte specie di alberi, nonché l’arrivo di una giovane fauna attratta da semi, erbe, bacche e piante dalle foglie zuccherine.

Per sopravvivere anche le foreste possano scappare verso climi più favorevoli. Sì, i cambiamenti climatici le mettono in fuga! “Pensiamo spesso che, contrariamente agli animali, le piante siano immobili. In realtà i semi consentono loro di percorrere lunghe distanze.”

Giorgio Vacchiano LA RESILIENZA DEL BOSCO
Giorgio Vacchiano LA RESILIENZA DEL BOSCO

Il seme racchiude il patrimonio genetico della pianta e germina quando trova le condizioni ottimali per svilupparsi. Inoltre, poiché le piante si riproducono in modo sessuato come gli animali, l’unione dei due sessi favorisce il “rimescolamento genetico” e le mutazioni genetiche che possono derivarne permettono alle future piante “di adattarsi a condizioni ambientali impreviste”: questa si chiama evoluzione biologica.

Giorgio Vacchiano - La resilienza del bosco
Giorgio Vacchiano LA RESILIENZA DEL BOSCO

Da lasciare a bocca aperta la strategia del faggio, che sembra capace di prevedere con una stagione di anticipo l’arrivo di un incendio e di produrre, quell’anno, più semi del solito. Questo gli garantirà una maggior probabilità di ripopolare il bosco dopo la devastazione del fuoco. Non meno affascinante la storia dei frutti: la noce di cocco a Zanzibar, i datteri di Masada… O gli uccelli, come la nocciolaia (corvide dalle piume color nocciola, accumulatore seriale di pinoli), e gli insetti, come il raro coleottero Carabus olympiae dell’Alta Val Sessera. Piacevolissimo che le varie storie dei boschi siano intrecciate con gli aneddoti della vita di Giorgio Vacchiano.Indimenticabili i suoi ricordi della visita alle isole Haida Gwaii in Canada (Columbia Britannica), dove la foresta pluviale finisce proprio dove inizia l’Oceano Pacifico. “Un mare di onde sconfinato che demolisce in continuazione le coste colme di abeti di Sitka e cedri rossi occidentali, fino a staccarle e ridurle in una miriade di isolotti coperti solo di boschi.” Qui le sequoie costiere e gli abeti di Douglas sono i più alti del mondo, frutto delle abbondanti precipitazioni e dell’altissimo tasso di umidità. Molissime le specie di uccelli migratori che fanno tappa qui nel loro viaggio verso l’Alaska. E decine le piante alimentari e medicinali che crescono su queste isole, famose per essere considerate le Galápagos del nord.

L’incontro con gli abitanti (il popolo Haida) e il legame intimo fra loro, la foresta e l’oceano colpisce profondamente. La saggezza dell’antico proverbio Haida lo dimostra: «Ogni cosa è connessa a ogni cosa».

Nel totem dei loro miti vengono ricordati gli elementi che rendono sana e fertile la foresta, fra cui anche l’orso nero e il salmone. Per gli Haida uccidere un orso è un crimine, equiparato per gravità alla violenza sessuale.

Isole Haida Gawaii - Canada
Isole Haida Gawaii – Canada

Importante conoscere il lavoro svolto dai ricercatori forestali e i software che utilizzano per simulare i cambiamenti di un bosco nel tempo o per effetto delle mutate condizioni ambientali. I ricercatori come Vacchiano sanno calcolare “i cicli di crescita, riproduzione e morte di una foresta, ma anche prevedere come questi cambieranno con temperature o piogge diverse, o come risponderanno al prelievo di alcuni alberi di cui si intenda utilizzare il legno”.

Sulla base di equazioni matematiche, possono descrivere “la quantità di carbonio prodotta dalla fotosintesi; lo sviluppo in altezza di un tronco in funzione del suo diametro; la distanza a cui i semi vengono dispersi nell’ambiente; il numero di alberi che muoiono a causa dell’eccessiva competizione in un bosco denso…”. Possono calcolare “quanta anidride carbonica viene assorbita dalle foreste europee; questa preziosa informazione serve al Parlamento europeo per decidere quanto occorre ridurre le emissioni e per verificare l’efficacia delle politiche forestali degli Stati membri”.

 Nel 2018 la rivista Nature ha identificato 11 ricercatori emergenti, scelti fra 500 candidati nel mondo, che possono essere considerati leader nel loro settore. Giorgio Vacchiano è uno di questi.

La resilienza del bosco
Giorgio Vacchiano

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