NAPOLI dalla A alla Z -Jean-Noël Schifano – Parte 2

Napoli dalla A alla Z
Napoli dalla A alla Z

Schifano confessa: “Mi ha sempre affascinato il rapporto tra il crimine e la creazione, tra l’omicidio e l’arte.” Una frase che sintetizza bene il monologo di Orson Welles nel film “Il Terzo Uomo” (Carol Reed – 1949).

E a Napoli “il grido del crimine entra in musica” con Carlo Gesualdo. Il testo dei suoi madrigali lo rivela: «Tu m’uccidi, o crudele, / d’amor empia homicida, / e vuoi ch’io taccia».
Il principe Gesualdo da Venosa (1560 – 1613), insigne compositore di madrigali, “era poco portato per il matrimonio, i suoi giovani musicisti maschi lo attiravano di più, ma era necessario che il suo principato avesse un erede”. Così sposa la bellissima Maria d’Avalos, giovane, ma già al suo terzo matrimonio.
Il desiderio inappagato di lei la spinge ben presto fra le braccia dell’altrettanto giovane duca d’Andria. Una relazione così appassionata, così infuocata, che “per mesi colsero al volo i più folli orgasmi”.
Ma non poteva durare a lungo senza che “occhi gelosi” scoprissero il loro amore.
E non furono gli occhi di Gesulado, che “ne era, come tutta la nobile società napoletana, al corrente da molto tempo, senza batter ciglio”. No, gli occhi gelosi erano quelli del vecchio zio del principe, piccato che il suo desiderio per Maria non venivasse corrisposto.
Quando il tradimento diventa di pubblico domino, Gesualdo non può esimersi dal commettere un crimine passionale, crimine che non sente suo, come non aveva mai sentito sua la passione per Maria d’Avalos, ma lo fa per il suo pubblico. Così il 16 ottobre 1590 allestisce “una messa in scena teatrale, una messa in scena musicale”. Finge di partire per la caccia con tutta la corte, ritorna di notte con gli zoccoli dei cavalli fasciati per attutire il rumore, coglie gli amanti “in «flagranza di reato» di «flagrante peccato» come dice la Chiesa all’epoca”, li fa uccidere dalla servitù, prima trafiggendoli e poi sparando con l‘archibugio. Infine li esporrà “nudi sulle scale del palazzo, come due note puntate su un pentagramma…” Il pentagramma dei suoi madrigali, che Schifano descrive come “ruscelli di voci, di sperma e di sangue…

Il Cristo velato della Cappella di Sansevero a Napoli

Il palazzo dell’efferato delitto diventerà il secolo dopo proprietà del principe Sansevero, “primo Grande Maestro massone di Napoli”. Nel XVIII secolo era conosciuti in tutta Europa “per la sua scienza ai limiti della magia”.
Oggi è famoso per il suo Cristo velato, scolpito da Giuseppe Sanmartino, e La Pudicizia velata, scolpita da Antonio Corradini, nonché per la sua macabra cappella, dove sono esposti due scheletri pietrificati.

La pudicizia della cappella di Sansevero a Napoli
La pudicizia della cappella di Sansevero a Napoli

Nota: nel 1995 Franco Battiato compone Gesualdo da Venosa, una delle più belle canzoni dell’album L’ombrello e la macchina da cucire, su testo del filosofo Mario Sgalambro.

I madrigali di Gesualdo, principe di Venosa,
musicista assassino della sposa –
cosa importa?
Scocca la sua nota,
dolce come rosa.”

Come Dumas ha scritto di Napoli senza esserci mai stato, così anche Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778) la cita nel suo Dizionario di musica senza averci mai messo piede, ma lo fa sotto la voce «Genio».
E il genio musicale di Napoli è indiscusso. Del resto la città nasce sotto gli auspici di Partenope, la sirena che canta e fa invaghire i marinai.
“Gli abitanti di Rodi, di origine cretese, di civiltà dorica,” erano “i soli a praticare il culto della Sirena, a dispetto di tutti gli altri greci venuti da Cuma, da Pithecusa (Ischia), da Atene e da Siracusa, che finiranno, a Napoli, per adottarla fondando la «Nuova Città», Neapolis a partire dal VII secolo a. C.”
Come fa notare Schifano “tanta musica ha zampillato e colato, da allora, dalle bocche e dagli occhi partenopei…

La sirena Partenope

Partenope è figlia della musa Melpomene, patrona della tragedia.

Non è un caso, dunque, che a Napoli sorga il teatro San Carlo: “primo teatro lirico al mondo realizzato in meno di trecento giorni da Angelo Carasale per ordine del re Carlo III di Borbone, secondo i disegni dell’architetto Giovanni Antonio Medrano, e inaugurato il 4 marzo 1737, giorno del compleanno del re – quarantuno anni prima della Scala di Milano e cinquantuno anni prima della Fenice di Venezia.

teatro San Carlo - Napoli
teatro San Carlo – Napoli
teatro San Carlo - Napoli
teatro San Carlo – Napoli

Il teatro San Carlo di Napoli

Schifano racconta anche del tenore cileno che se ne andava in giro per la città ostentando il suo rolex (ne aveva una collezione). Il padrone del ristorante dove cenava abitualmente dopo le prove al San Carlo gli fece notare che non era prudente circolare con un rolex d’oro al polso: poteva “suscitare l’invidia”. Il tenore non seguì il consiglio e una sera si ritrovò con una 9 mm puntata alla tempia.
Nei giorni successivi “le persone per la strada, tra il San Carlo e il suo hotel, fermavano il tenore per chiedergli scusa a nome di tutti i napoletani che si vergognavano dell’aggressione e della rapina”.
La sera della prima, al termine dell’opera di Verdi, il pubblico si divise fra applausi e fischi. C’era chi gridava “bravi” e chi “brutto” e “stonati”, chi chiedeva il “bis” e chi urlava “basta”.
Il dubbio legittimo è che i fischi non fossero rivolti a tutti i cantanti, ma solo al ricco tenore “che a causa del suo comportamento rischioso aveva accentuato la cattiva reputazione della Città, aveva contribuito a diffondere un po’ più d’infamia sui Napoletani”.

Ammirevole che l’opera di Schifano sia stata tradotta e pubblicata grazie al crowdfunding SOS PARTENOPE.

Gli scheletri pietrificati della Cappella Sansevero
Gli scheletri pietrificati della Cappella Sansevero

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