TOMBINI IN FUGA un libro di Francesco Ceccamea

Tombini in fuga - Francesco Ceccamea
Tombini in fuga – Francesco Ceccamea

Tombini in fuga? Che titolo bizzarro! (in coda all’articolo scoprirete il significato poetico). Che autore anomalo, Ceccamea!

Vi chiederete chi è. È uno degli scrittori italiani meno definibili degli ultimi anni, autore di soli due romanzi in dieci anni di cui l’ultimo è uscito da pochissimo, a gennaio 2018. Quando uscì il suo primo (“Silenzi vietati, Avagliano 2008) suscitò una grande reazione da parte dei critici dei quotidiani nazionali che coniarono la definizione di reality book (fu recensito anche da Lidia Ravera che creò il termine). Quello che si presenta nei suoi libri è infatti qualcosa che raramente si è letto prima: la vita più ordinaria, noiosa, folle, volgare, triste, comica. E difficoltà insormontabili con l’altro sesso, discussioni con lo psicologo, mail-confessione a vecchi professori di italiano ora famosi critici (Massimo Onofri), intimità dispiegate ai lettori con spavalda leggerezza. Mi aveva colpito per il tono, sempre sospeso tra ironia distaccata, sarcasmo devastante e analisi lucida dell’esistenza. Se ne erano accorti anche alcuni concittadini dell’autore che fecero partire una vera e propria caccia allo scrittore reo di averne messo in piazza i vizi e le meschinerie di provincia (Siamo a Vetralla). Ma nonostante del romanzo abbia parlato anche Cronaca Vera (quale scrittore può vantarsi di questo in Italia?) il libro non si riduce solo a questa carrellata di tristi segreti inconfessabili. C’è molto di più e molto più dolore, reso con rara incisività.

Francesco Ceccamea
Silenzi vietati – Francesco Ceccamea

Il giorno che avrò una ragazza al mio fianco, il giorno che starò in un ristorante con una ragazza che mi stringe la mano e mi sorride (…) io sarò uno di loro, io sarò come tutti, e io non ho mai voluto questo. Perché gli altri, loro, quella massa indistinta e compatta a cui non sento di appartenere, in cui non riesco a entrare, gli altri, loro, poi muoiono. (…) Morirà tutto quanto, tutto sta già morendo, e morirò anch’io, ma senza dimenticarlo mai, nemmeno per un solo giorno”.

Libri che raggiungono questi apici di forza e nello stesso tempo di disperazione, nonostante una quasi assoluta mancanza di letterarietà, meritano davvero di essere segnalati ed insieme ad essi il suo autore.
Conosco Ceccamea da qualche anno per il suo folle e imperdibile blog Sdangher sul metal e i cavalli (cosa vi devo dire, è davvero sul metal e i cavalli. Ah, c’è anche “erotismo alternativo”…) e poi per un libro unico: “Shocking metal. La storia del giornalismo metallaro in Italia” che ripercorre la sgangherata e indimenticabile storia delle riviste italiane dedicate alla musica dura (l’ho intervistato qualche tempo fa su questo libro per il blog Musicanidi, se vi va leggete qui l’intervista). Vorrei ricordare anche la sua attività di critico musicale su Classix Metal e la collaborazioni con il disegnatore Enzo Rizzi per i tre libri a fumetti La grande storia del Rock, del Metal e del Pop editi dall’ottima NPE di Nicola Pesce.

Di conseguenza, quando seppi che “Silenzi vietatiavrebbe avuto un seguito l’ho voluto leggere immediatamente. E ne sono rimasto ancora colpito. È un libro altrettanto imprevedibile del primo e sovente intenso, nella sua disarmante sincerità. Segue di alcuni anni gli eventi (o assenza di eventi) del primo libro ma qui la struttura del libro è più equilibrata. Le quattro parti del libro, di lunghezza equivalente, si incentrano su quattro eventi della vita del Ceccamea letterario. Il primo quarto, “Quello che i morti non dicono“, racconta senza censure il lavoro del protagonista presso un’agenzia funebre. Dato l’altissimo tasso di storie esilaranti o angoscianti (ma avrei potuto mettere anche una “e”) Ceccamea avrebbe potuto trarne un romanzo breve autonomo. Ma forse è meglio cosi, in questo modo possiamo godere anche del secondo capitolo, quello dell’attesa devastante della paternità e del terzo, quello della paternità avvenuta e delle conseguenze sulla vita di Francesco e della sua compagna. Raramente mi è capitato di leggere considerazioni, pensieri ed emozioni così fuori dal coro e dalla retorica sul percorso che porta (anche involontariamente) ad essere padre.

Francesco Ceccamea

Il quarto e ultimo capitolo, intitolato “La non morte di mio padre” è quello che mi ha turbato e convinto di più. Credo che a volte nei romanzi ci siano brani che per la loro lucidità e forza escono dall’architettura del libro per rimanere presenti nella memoria dei lettori come ricordi di vita vissuta, come epifanie. È il caso delle straordinarie pagine dedicate alla descrizione delle cene che il padre organizzava con gli amici, prima di ammalarsi.

Sono pagine che raggiungono l’incredibile atmosfera mortifera di “Amici miei” di Monicelli, di “La grande abbuffata” di Ferreri. Uomini già malati, privi addirittura di una gamba a causa del diabete, che continuano assurdamente a mangiare, a bere, come un ostinato sputare in faccia alla morte ma senza vera vita, solo con l’irriducibile negare la necessaria fine che ci si prospetta..

Che dire se non: “Leggete Ceccamea”. Non è uno stilista, anche se in alcuni passi la sua scrittura è fortemente riconoscibile e personale. Non scrive romanzi rassicuranti ma dopo averli letti si prova una sensazione di fratellanza, come se le nostre solitudini stessero vicine. Insomma, Ceccamea non è uno scrittore normale, e questo è un bene perché è necessario uscire dalle regole e dalle chiusure dell’editoria italiana, ed è un bene perché, nella loro struggente imperfezione, sono questi i libri che cerchiamo e di cui abbiamo bisogno.

Francesco Ceccamea
Francesco Ceccamea

Alice cammina avanti a noi saltando su tutti i tombini.
Lei non fa un passo se non c’è un tombino su cui saltare. Nella sua testolina sono i tasselli di un percorso fatato o qualcosa del genere. Se la esorto a muoversi, lei inizia a fare le bizze o si mette seduta. Mi ha spiegato che deve saltare su tutti i tombini affinché non scappino via.
E dove andrebbero? le domando. Non so, lontano, ha risposto. Immagino la strada principale piena di bocche nere, ora che i tombini se ne sono andati. Sarebbe un guaio.
Per fortuna mia figlia, con i suoi saltelli sigillanti, continua a tenerli buoni al loro posto, altrimenti chissà quanta gente finirebbe sotto terra, in un pozzo di merda”.

Francesco Ceccamea, Tombini in fuga

Il libro è ordinabile nelle librerie, ma anche presso l’editore.

Tombini in fuga
Francesco Ceccamea
Davide Ghaleb Editore
2018 – pp 205 – € 12
ISBN 9788885261181

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