HORROR SOVIET- I film dell’orrore russi.

HORRORSOVIET: A differenza della fantascienza in Russia il genere horror non ha mai goduto di una grande tradizione cinematografica o letteraria. Proprio per le radici positiviste e cosmiste sovietiche questo genere inizia ad avere un seguito da poco.

A differenza della fantascienza in Russia il genere horror non ha mai goduto di una grande tradizione cinematografica o letteraria. Proprio per le radici positiviste e cosmiste sovietiche questo genere, considerato irrazionale e nichilista, inizia ad avere un seguito da poco più che un decennio grazie anche a festival dedicati che importano il meglio della cultura horror occidentale e orientale.

ORRORE E FOLKLORE

In passato l’horror spesso sfumava in storie fantasy con elementi macabri che attingevano al folklore locale.
E’ il caso di “The drowned maiden” (“Майская ночь, или УтопленницаAleksandr Rou, 1952) e soprattutto di “Viy(Georgij Kropačëv e Konstantin Eršov, 1967), tratti entrambi da due racconti di Nikolaj Gogol.

In quest’ultimo film un giovane seminarista deve vegliare per tre notti consecutive la salma di una ragazza appena deceduta senza sapere che si trattava di una strega. Durante le tre notti lei tornerà in vita per ucciderlo insieme a vari demoni fra cui il temibile Viy.
Un film bizzarro e grottesco che, nonostante alcuni effetti speciali ingenui, riesce a inquietare e divertire. Nel 2014 è stato diretto lo spettacolare remake in 3D.

HORROR SOVIET: GLI ESORDI

HORROR SOVIET
HORROR SOVIET – “The Queen of Spades”

Il primo film del terrore sovietico è “The Queen of Spades” (1910): un cortometraggio paranormale di 15 minuti tratto da una novella di Aleksandr Pushkin. Storia di superstizioni, fantasmi e sensi di colpa.

Restando nell’epoca del muto “Marriage of the Bear” (1925) è una fiaba gotica più perversa di quanto appaia inizialmente: un uomo si trasforma in un feroce assassino di donne a causa di un trauma subito dalla madre mentre era incinta di lui. La donna fu, infatti, aggredita da un orso.

HORROR SOVIET: 1970 – 2000

The Savage Hunt of King Stach” (1979) è un buon thriller ambientato alla fine del XIX secolo che si regge su atmosfere misteriose.

HORROR SOVIET “The vampire family”
“The vampire family”

“The vampire family” (“Семья вурдалаков” – 1990), tratto da un racconto di Aleksei Tolstoi,  è un cupo horror che fa paura e inquieta anche se sembra un prodotto italiano degli anni ’70.

HORRORSOVIET “Upyr”
“Upyr”

Il tema dei vampiri diventa di moda negli anni ’90 e “Upyr” (“Упырь” – 1997) è un’ottima rivisitazione del mito degli oscuri succhiasangue. Qui i vampiri sono entrati a far parte della gerarchia mafiosa russa: il Blade sovietico protagonista del film dà loro la caccia con tutte le tecnologie a sua disposizione fino all’epico e stalkeriano duello finale. La peculiarità del film è, ovviamente, l’ambientazione nelle desolate periferie russe: fabbriche dismesse, cantieri abbandonati, un mondo in rovina governato solo da loschi traffici. Questi vampiri sono più simili a infidi criminali e hanno ben poco del romanticismo dark che caratterizza l’immaginario occidentale. Colonna sonora rock post sovietica dei tamarrissimi Tequilajazzz.

 

http://www.youtube.com/watch?v=6RcbAyWbISI

HORROR SOVIET: 2000

“Dead eye collector”
“Dead eye collector”

I film russi dell’orrore di nuova generazione sono dei buoni prodotti che hanno fatto tesoro sia dei J-Horror che delle pellicole statunitensi, ma si limitano a copiare canovacci già rodati senza aggiungere nulla di nuovo.

Le differenze più evidenti  riguardano le location: dai decadenti casermoni sovietici alle gelide steppe innevate.  Si distinguono lo slasherDead eye collector” (“Putevoy Obkhodchik” – 2007) di Igor Shavlak, e “III” (2015)di Pavlev Khvaleev.

Il primo è un film ben confezionato e adrenalinico in cui un gruppo di ladri, dopo un colpo in banca non proprio riuscito, si rifugia con due ostaggi dentro i cunicoli della metropolitana moscovita (allora in costruzione).

“III”
“III”

Nel secondo una donna, per salvare la sorella affetta da un’incurabile e misteriosa malattia, deve immergersi nel suo subconscio tramite una pratica esoterica per pulire le causa del morbo.

Khvaleev parte da una trama sciocca che ricorda fin troppo “The cell” di Tarsem Singh per girare un lungo videoclip ricco di scene bizzarre e terrificanti.
Non a caso il regista viene dall’ambiente della musica elettronica.
Atteso nel 2018 il suo prossimo film di fantascienza “Involution”.

EVGENIY YUFIT

HORROR SOVIET: Daddy, Father Frost Is Dead
HORROR SOVIET: Daddy, Father Frost Is Dead -YUFIT

Le perle nere dell’horror russo vanno cercate nella cinema trasversale di registi fuori dagli schemi.

E’ il caso di Yevgeny Yufit (1961 – 2016), che con quattro film e qualche cortometraggio ha definito un genere, il Necrorealismo, a metà fra la presa in giro e l’orrore più becero. Stilisticamente i suoi film sono molto radicali, rigorosamente in bianco e nero, ispirati all’espressionismo tedesco e al surrealismo francese degli anni ‘20. I primi cortometraggi sono, addirittura, accelerati e  rovinati per ricordare le pellicole dell’epoca del muto.

Il gusto per l’assurdo, l’umorismo nero e l’approccio irriverente ai classici del cinema contraddistinguono i primi lavori del regista, ma Yufit, a differenza di tanti suoi “seguaci”, non è un autodidatta che gira film amatoriali violenti. Fu pittore, fotografo e per un breve periodo allievo di Aleksandr Sokurov.
La sua anarchia registica è più un gesto di strafottenza e le ricercate inquadrature citano e sbeffeggiano Andrey Tarkovsky. Intensi primi piani alla Dreyer si alternano a sequenza che sembrano prese da “Night of the living dead”.

Le storie sono generalmente incomprensibili rimuginazioni sull’esistenza umana e presentano elementi ricorrenti: esperimenti segreti, cavie umane, bambini assassini, orge omosessuali, gente che si suicida senza motivo. Yufit usa lo strumento cinematografico per comunicare l’enorme vuoto lasciato dal crollo dell’impero sovietico.
Le eroiche icone di regime sono completamente svuotate di ogni significato, lasciando spazio solo alla violenza e all’idiozia. I personaggi dei sui lavori sono, infatti, degli idioti o degli zombie.

Non studiavano dai libri scolastici ma dalle parole morte pronunciate dall’alto delle tribune. L’idiozia eroica, l`arte tragica contaminate con l’umorismo nero. … il desiderio sessuale è soddisfatto solo dall’omosessualità… il necromondo esiste (vive) grazie al sadomasochismo.” Yevgeny Yufit

Санитары оборотни(“Werewolf Orderlies” – 1984), 5 min.

Un marinaio sceso da un treno viene catturato da un gruppo di infermieri pazzi e trascinato nel bosco dove tutti quanti iniziano a comportarsi in modo bizzarro e violento.

“лесоруб” (“Woodcutter” – 1985) 6 min.
Nel bosco c’è gente che si incontra per picchiarsi.

Весна” (“Spring” – 1987) 10 min.
Lungo I binari del treno c’è un bosco dove vive gente strana che cattura e ammazza i viaggiatori per poi suicidarsi in modi creativi.

Вепри суицида” (“Suicide Warthogs” – 1988) 5 min
Un cortometraggio particolarmente sadico, montato alternando filmati patriottici di repertorio, in cui due individui accettano di farsi uccidere in maniera crudele

Рыцари поднебесья” (“Knights of Heaven” – 1989) 20 min.
Un gruppo di alpinisti-militari deve svolgere una missione segreta da cui dipende il destino di milioni di uomini. Durante l’addestramento verrà valutato l’eroismo, il coraggio e la forza di ognuno dei membri di questo corpo scelto, che però finiranno per ammazzarsi fra di loro. Un cortometraggio che imita e sfotte palesemente la regia di Andrey Tarkovsky.

Папа умер дед мороз (“Father, Santa Claus Is Dead – 1991) 73 min.
Una carrellata di assurdità e scene bizzarre senza una vera narrazione, basato non si sa in che modo sulla novella di Tolstoj The Vampire Family“. Un uomo che parla a monosillabi va a trovare suo fratello in campagna dove uomini vestiti di scuro fanno strani riti nel bosco. Inquietanti le scene iniziali dove un paio di bambini prepara una trappola mortale per un vagabondo.

Derevyannaya komnata” (“Wooden Room” – 1995), 65 min.
Il protagonista conduce una vita spartana con la moglie a cui non rivolge mai la parola. Lui è completamente assorbito dal suo lavoro di documentazione di riti strani che avvengono nel bosco.

Serebryanye golovy” (“Silver Heads” – 1998) 84 min.
Un team di scienziati, con delle macchine simili a una vergine di ferro fatta in legno, cerca di incrociare il DNA umano con quello vegetale. Gli esperimenti non riusciti vagano per la steppa come zombi inseguiti e cacciati dalla sicurezza dello staff.

Ubitye molniey”  (“Killing the light” – 2002) 60 min.
Un’antropologa sta facendo una ricerca sull’evoluzione umana e sull’esperienza della morte.  Al suo lavoro si alternano ricordi del padre, morto in un sommergibile durante la guerra, e immagini incomprensibili di vecchi che girano nudi comportandosi come scimmie.

Pryamokhozhdenie” (“Bipedalism” – 2005) min 94
Un artista che dipinge insetti scopre degli esperimenti segreti  volti a scoprire perché l’uomo è diventato bipede, abbandonando un stile di vita più consono alla sua natura. Gli esperimenti erano condotti su cavie umane che ora vagano per la campagna terrorizzando le persone.

SVETLANA BASKOVA

HORROR SOVIET: Svetlana Baskova: “The green elephant”, “Mozart”, “5 bottles”, “For Marx”
HORROR SOVIET: Svetlana Baskova: “The green elephant”, “Mozart”, “5 bottles”, “For Marx”

Il necrorealismo ha sicuramente ispirato la regista Svetlana Baskova che nel 1999 esordisce con l’assurdo “The green elephant”, uno splatter violento e incomprensibile che vuole (forse) denunciare lo stato di degrado mentale delle forze armata russe.

Due ufficiali dell’esercito sono detenuti in una prigione che assomiglia a uno scantinato. Uno sembra pazzo, l’altro violento. Divise militari sovietiche, frattaglie, abusi, sangue e merda. Una visione estrema girata in maniera amatoriale tanto da risultare ipnotica.
Alcune scene risultano veramente disgustose (le scene di coprofagia, o la cornamusa fatta di interiora,…), mentre le ambientazioni e alcuni dialoghi sono morbosamente squallidi.
Per accrescere l’aura cult di questo delirio la distribuzione e la visione del film è proibita in Russia.

Svetlana ha diretto altri film considerati horror caratterizzati sempre da violenza, non-sense, riprese e recitazioni amatoriali al limite dell’imbarazzo, ma l’unico degno di interesse è il suo ultimo lavoro, “For Marx” (2013), un film incentrato su un gruppo di lavoratori derelitti che si ribellano al loro ricchissimo padrone/sfruttatore.

ANDREJ ISKANOV

HORROR SOVIET: “Visions of suffering” Andrej Iskanov
HORROR SOVIET: “Visions of suffering” Andrej Iskanov

Visions of suffering” (2006) è diretto da un esperto di film estremi: Andrej Iskanov, conosciuto soprattutto per il suo film successivo, “Philosphy of a knife” (2008), una raccolta di atrocità pseudo documentaristiche dell’estenuante durata di 4 ore e mezza.

In “Visions of suffering” delle creature demoniache cercano di attraversare il confine fra incubo e realtà per catturare le loro vittime umane trascinandole nel loro mondo.
La pellicola appartiene al genere sperimentale dalle velleità “arty” basato su atmosfere inquietanti e scene disturbanti che, come “Begotten”, vogliono colpire più il subconscio degli spettatori senza cercare di dare significati chiari alla narrazione. Nonostante una durata inutilmente lunga, che impoverisce il film anziché arricchirlo, restano impresse le bellissime scene oniriche virate su colori seppiati e alcune sequenze gore.

L’intera filmografia del regista russo è consigliata solo agli amanti del genere.
Il  suo ultimo lavoro è contenuto nel film antologico “The profane exhibith” (2013) dove è in compagnia di altri registi estremi di culto come il tedesco Marian Dora (“Melancholie der Engel”), lo statunitense Richard Stanley (“Hardware”), il messicano José Mojica Marins (il creatore di Zé do Caixão – Coffin Joe), il giapponese Yoshihiro Nishimura (“Tokyo gore police”) e il nostro Ruggero Deodato (“Cannibal Holocaust”).

“Visions of suffering” Andrej Iskanov
HORROR SOVIET: “Visions of suffering” Andrej Iskanov

ALEKSEI BALABANOV

Cargo 200” (2007) diretto da Aleksei Balabanov , uno dei migliori registi russi moderni, anche se non è esattamente horror è talmente angosciante e violento che va fatto rientrare in questo elenco.

Cargo 200” è uno spaccato della Russia periferica degli anni ’80 dove nulla funziona, il potere è violenza e la vodka va bevuta fino a svenire. La storia è ispirata a fatti realmente accaduti che coinvolgono un serial killer dalla doppia identità, la figlia scomparsa di un segretario del partito comunista, un giovane punk fidanzato con la ragazza sequestrata, un insegnante amico del segretario di partito e un soldato caduto in guerra che deve essere sepolto con tutti gli onori.
I Ioro destini sono uniti da una serie di assurde coincidenze.

Balabanov usa uno stile gelido e distaccato che rende la visione ancora più violenta. Il regista non ha bisogno di soffermarsi sui crudi dettagli. La scena più scioccante è, infatti, quasi accennata, ma colpisce lo spettatore come una ferita.

HORROR SOVIET: Alcuni film di Aleksei Balabanov: "Il castello", "Of freaks and men", "Cargo 200", ""Brother"
HORROR SOVIET: Alcuni film di Aleksei Balabanov: “Il castello”, “Of freaks and men”, “Cargo 200”, “”Brother”

Le atmosfere funeste che aleggiano per tutta la durata del film sono appesantite dall’ombra della guerra. Il film è collocato storicamente durante il conflitto con l’Afghanistan. Il titolo è il nome dato agli aerei che rimpatriavano le salme dei soldati morti. 200 era il numero massimo di bare trasportabili.

Balabanov è morto prematuramente nel 2013, all’età di 54 anni, lasciando una serie di film che in Italia non sono mai stati distribuiti , nonostante i numerosi premi vinti nei vari festival.
Fra questi la trasposizione del “Castello” di Kafka (1994), il crudo “Brother” (1997), la metafora sul crollo sovietico “Of freaks and men” (1998) e il melodramma “Me too” (2013).

http://www.youtube.com/watch?v=5-jUHvjQf6s

 

 

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