SERIE TV – Le serie TV tratte da libri di fantascienza.
Fiore all’occhiello di queste piattaforme sono le serie TV che, fra alti e bassi, hanno saputo reinventare stili e generi. Proprio la fantascienza vive…
Il cinema è morto. Questo annuncio arriva da fonti autorevoli come David Cronenberg e Nicolas Winding Refn. In realtà, finora è sopravvissuto a tanti cambiamenti epocali e forse non è ancora giunto il suo tempo. Chi sta veramente morendo è la televisione spazzata via da un nuovo tipo di fruizione on demand a cui ci ha abituato Netflix, Amazon e qualsiasi piattaforma streaming.
Fiore all’occhiello di queste piattaforme sono le serie TV che, fra alti e bassi, hanno saputo reinventare stili e generi.
Proprio la fantascienza, il genere più amato da noi di B-Sides Magazine, vive una nuova e insperata stagione. Il merito è sicuramente da attribuire al grande successo di pubblico e critica di “The black mirror” (2011), le cui prime due serie restano ancora ai primi posti fra le produzioni fantascientifiche adulte.
Ci sono altre serie, meno riuscite ma di ottima qualità tecnica che hanno avuto il merito (e il coraggio) di confrontarsi con grandi classici della letteratura di fantascienza o di aver fatto scoprire nuovi scrittori del genere.
Dick
Le opere di Philip K. Dick, una delle colonne portanti della fantascienza moderna, hanno goduto di una rinnovata attenzione con le serie “The man in the high castle” (2015) tratto da “La svastica sul sole”, “Minority report” (2015) e l’antologica “Philip K. Dick’s Electric Dreams” (2017).
“Minority report” è un buon prodotto di intrattenimento legato più al film di Spielberg che all’immaginario di Dick. “The man in the high castle descrive l’ucronia della Germania nazista uscita vittoriosa dalla seconda guerra mondiale. A parte l’ambientazione resta ben poco del romanzo originale e, se la prima serie poteva essere gradevole, le successive si sono rivelate decisamente inutili.
L’altalenante “Philip K. Dick’s Electric Dreams” prova a trasporre i racconti dello scrittore quasi sempre con esiti deludenti. Gli episodi migliori sono quelli più fedeli allo spirito e alle tematiche di Dick. Quando invece le storie vengono riattualizzate, come nel fallimentare “Safe And Sound”, o snaturate, come nel romantico e noioso “The Impossible Planet”, i risultati sono decisamente scarsi. Le cose vanno decisamente meglio con l’episodio “Autofac”, in cui una specie di Amazon controllata da una intelligenza artificiale continua a produrre e consegnare prodotti inutili dopo che l’umanità è stata quasi cancellata da una guerra atomica, mentre “Real Life” e “Human Is” si distinguono proprio perché sanno porre correttamente le domande care allo scrittore: “cosa è reale?” nel primo e “chi è umano?” nel secondo.
Clarke
Sorte ben peggiore è toccata a un grande classico della fantascienza: “Childhood’s End” (2015) di Arthur C. Clarke tradotto da Urania con il titolo più poetico, ma meno calzante, “Le guide del tramonto”. L’omonima miniserie in tre puntate è una sconfortante banalizzazione del romanzo che ruota intorno a personaggi talmente politaclly correct da risultare irritanti e poco credibili. Tutta la malinconia che avvolge la fine dell’epoca umana prima di una nuova evoluzione (la fine dell’infanzia come recita il titolo originale) è perduta in un vuoto epilogo, melenso e noioso.
Miéville e Atwood
La trasposizione del ciclo del fiume di Farmer è veramente brutta e merita solo una menzione. Purtroppo non convince fino in fondo neppure il fanta-noir “The City and the City” (2018) tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore di culto China Miéville. Ottimo, invece, “The Handmaid’s Tale” (2017), trasposizione del distopico “Racconto dell’Ancella” di Margaret Atwood.
Love, Death & Robots
Esperimento riuscito con successo l’antologica serie tv “Love, Death & Robots” prodotta da David Fincher: 18 brevissimi episodi animati slegati fra loro tratti da racconti di scrittori di fantascienza più o meno famosi.
Morgan
“Altered Carbon” (2018), tratto dal romanzo “Bay City” del 2002 scritto da Richard Morgan, si regge su una sceneggiatura traballante, ma ricca di spunti e di idee, alcune sviluppate in modo frettoloso altre in modo brillante ed efficace. La produzione ad alto budget ricrea un futuro cyberpunk decisamente affascinate e fa di “Altered Carbon” una delle serie di fantascienza più spettacolari e riuscite degli ultimi decenni.
In un futuro non lontanissimo l’identità umana verrà codificata e sarà possibile trasferirla da un corpo sintetico all’altro a seconda delle disponibilità economiche del soggetto interessato. Questo, oltre a garantire una sorta di immortalità a cerchie di potentissime e annoiate élite, facilita l’esplorazione spaziale grazie al trasferimento di coscienza in “contenitori” umani.
Un ricchissimo aristocratico assolda un outsider appartenente a un’altra epoca per indagare sul proprio suicidio. Pare, infatti, che uno dei suoi corpi si sia sparato, cercando di far esplodere la “pila” contenente la propria personalità, cancellando ogni back-up e uccidendolo così definitivamente.
L’investigatore, intanto, avrà i suoi grattacapi col passato da ex-combattente del suo nuovo corpo.
Bellissime tutte le scene d’azione e l’ambientazione blade runneriana. Eccezionale la puntata ambientata nella clinica di torture psichiche.
La serie è stata creata da Laeta Kalogridis sceneggiatrice e produttrice di kolossal fantasy/horror/fantascientifici come il russo “I guardiani della notte” (Timur Bekmambetov – 2004), “Alexander” (Oliver Stone – 2004), “Shutter Island” (Martin Scorsese – 2010) o “Alita – Angelo della battaglia” (Robert Rodriguez – 2019).
Corey
“The Expanse” (2015) è la summa delle saghe di fantascienza. Basata sulla space opera di James S. A. Corey (pseudonimo di Daniel Abraham e Ty Franck) contiene tutto quello che un appassionato di fantascienza sogna da Alien a Gundam. Divisa in tre stagioni (la quarta in produzione) si evolve in una saga enorme e complessa, ma con una solida narrazione.
Il sistema solare è stato da tempo colonizzato, ma la situazione geopolitica è molto precaria. Terra e l’ex colonia marziana sono sempre a un passo dalla guerra: la bella Terra, burocratica e corrotta, e il rude Marte, i cui orgogliosi miliziani sono disposti a dare la vita per difendere la propria indipendenza.
In mezzo i minatori della fascia degli asteroidi e dei pianeti esterni, sfruttati e lasciati a se stessi da entrambe le fazioni.
In questo futuro si intrecciano le vite di tanti personaggi: un detective smaliziato, il capitano di un cargo merci e il suo equipaggio, il sottosegretario delle Nazioni Unite, una militare marziana, spietati ricercatori, avidi speculatori e pirati spaziali…
Le tre stagioni si concentrano soprattutto su alcuni personaggi, i cui eroismi a lungo andare annoiano un po’, ma per il resto è uno spettacolo.
Escludendo il noioso “Games of throne” e tutto quello che è stato tratto da Stephen King, il genere fantasy si salva con “American Gods”, tratto dall’omonimo romanzo cult di Neil Gaiman, che brilla per le ottime interpretazioni di tutti gli attori. Segue la prima stagione di “The Terror”, tratta dal libro di Dan Simmons ispirato alla reale e catastrofica esplorazione artica delle navi Erebus e Terror. La serie, se avesse puntato di più sulle atmosfere alla Herzog e meno sul racconto corale dei vari personaggi che tendono a scadere nello stereotipo, sarebbe stata un vero capolavoro.
Che SERIE TV ci aspettano?
Fra i tanti scrittori nel mirino delle produzioni televisive di cui attendiamo con ansia una eccitante trasposizione delle loro opere (o una cocente banalizzazione) ricordiamo: Ian McDonald (Moon), Kim Stanley Robinson (Red Mars), Kurt Vonnegut (Le sirene di titano), Isaac Asimov (ciclo della Fondazione), Fredric Pohl (Gateway), Dan Simmons (Hyperion), Aldous Huxley (Brave New World) e ancora una volta Margaret Atwood con la trilogia di MaddAddam in mano al geniale (ma spesso pretenzioso) Darren Aronofsky.