DARK ALLEY DOGS – Dark Alley Dogs
La Band
DARK ALLEY DOGS Rock’n’Roll. Volendo potrei anche finire così, basterebbe questa frase. Se dovessi necessariamente identificare i D.A.D. in un cluster musicale sarebbe tutto molto più facile, ma a noi le cose facili non piacciono molto. Scopro che il gruppo è giovanissimo, si è formato solo quest’anno, ma è chiaro che i cinque membri siano musicisti capaci e non sprovveduti, infatti, in pochissimo tempo escono con il lavoro di debutto, un self title, che ha molto carattere (ben dieci tracce, quando la moda del momento è un EP di 5 o la massimo 6 tracce, cosa che personalmente apprezzo molto).
Il loro Sound
Ritmi incalzanti e schitarrate “vecchia scuola” mantengono la tensione alta ed il risultato ottimo, un pezzo dopo l’altro ed il disco finisce in un attimo. Cerco di trovare un contatto con il gruppo per avere maggiori info e, devo dire, molto velocemente (cosa inusuale) ricevo la risposta del batterista, Ray Garcia, il quale mi dice che in pochissimo tempo i D.A.D. si sono fatti conoscere e sono diventati protagonisti della scena di San Diego, California. Ma non solo, ricevo anche delle foto ed un comunicato stampa che dissipa ogni mio dubbio: DARK ALLEY DOGS fanno sul serio. I numeri ci sono tutti perché sono in grado di fare musica attuale ma al contempo mantenendo dei chiari riferimenti al sound anni ’50 e ’60, non farò paragoni ma lo stile è proprio californiano del sud con la voce, quella di Brane Chile, grave, rotta come se si fosse appena ripreso da una sbronza colossale (Road), incazzato al punto giusto e questo è solo un esempio.
Uno ad Uno
La chitarra di Jason DeCorse ha carattere ma non è mai troppo invadente, si concede qualche assolo (“Haunting on me” o” Box of Rocks”, su tutte) se mai dilagare e risultare estenuante, raramente sotto i riflettori (“Reboot”) regala a un fondo perfetto per la voce. Il basso di Matt Weaver è forse la parte più “old school”, per tutto il disco segue linee rock’n’roll per diventare, di fatto, il vero collante con le sonorità più classiche. La batteria di Ray mantiene per tutto il disco un ruolo di primaria importanza con il suo pestare rock, forse perché ha un volume insolitamente alto, sicuramente è un effetto voluto(riuscito) in fase di mixaggio per mantenere alta la tensione per l’intero lavoro.
Al finale
In fine ma non da meno c’è la chitarra ritmica di Tony All, lei ha un posto tutt’altro che secondario danzando con le linee di basso mentre la chitarra solista prende il largo, anch’essa molto “Old School” la si può apprezzare a pieno in quel balletto che è “The Rules” vero inno della band, tanto da citarne il ritornello del comunicato stampa (ottima mossa), e che riassume un po’ tutto quello che è la chiave di lettura dei DARK ALLEY DOGS, cioè il dualismo tra classico e moderno regalandoci un tiro alla fune musicale che dal vivo dev’essere spettacolare.
Disco fresco e frizzante, primo passo di una carriera che auguro fortunata.
Rule #1 Have fun! Have fun!
Rule #2 Gotta be true you!
Rule #3 Let yourself be free!
VIVA PERROS CALLEJEROS!!!