RANCHO BIZZARRO – Mondo rancho

MONDO RANCHO dei RANCHO BIZZARRO

 

Il sole è alto nella Valley, le ruote girano macinando chilometri, l’aria calda mischiata alla sabbia sferza il mio viso mentre sulla strada si alternano carcasse di animali e di automobili. Ho bisogno di dissetarmi, il deserto uccide ed io non voglio essere la sua prossima vittima, anche se gli avvoltoi che pazientemente girano alti sulla mia strada non la pensano allo stesso modo. In lontananza, finalmente, trovo una Roadhouse. Parcheggio la moto ed entro scrollandomi la sabbia dai vestiti…

Se quello che ho appena descritto fosse un film, quello che vi presento ora ne sarebbe la degna colonna sonora: “MONDO RANCHO” è il secondo EP dei RANCHO BIZZARRO e ne sono rimasto folgorato. Lavoro evocativo, una cartolina della musica “Desert” che comprende sonorità tipicamente Stoner, cambi di ritmo e distorsioni che in alcuni casi rimandano alla psichedelia più pesante dando al suond un tipico stile anni settanta, la Golden Age de rock. Voglio un peyote, una Charger del ’69 e Rancho Bizzarro a tutto volume per sfrecciare a mille all’ora verso nessuna meta. Questo che quello che provo anche dopo molti ascolti.

Torniamo a parlare del disco, non prima di aver aggiunto con orgoglio che questi quattro ragazzi sono toscani (penso che questa sia la cosa forse più anomala).

RANCHO BIZZARRO sono un gruppo strumentale, scelta audace ma fortunata data del fatto di non voler “caratterizzare troppo i brani con la voce, lasciando l’ascoltatore libero di muoversi attraverso le note così che possa farsi un suo viaggio”. Missione compiuta ragazzi!
Per mantenere un tipico carattere anno ’70, il disco è stato registrato live al “The Cage Theatre” di Livorno in un take di 30 minuti, proprio come si usava un tempo.
Un altro punto degno di nota è senza dubbio la scelta di dare alle canzoni dei titoli che rimandano chiaramente a delle pietanze, come se fosse un menù di una roadhouse. Anche la grafica (cosa mai in secondo piano in un album), che evoca atmosfere alla Motorpsycho di Russ Meyer, è in linea con la musica, creando la giusta atmosfera e regalando all’ascoltatore un buon incipit.

Ok, ma il nome perché Rancho Bizzarro?
Rancho, in onore del mitico “Rancho de La Luna” di Joshua Tree (quello delle mitiche Desert Sessions e moltissimi altri, per chi non sa di cosa stiamo parlando…  3 “Ave Maria” e 4 “ Padre Nostro”).
Solo per questa citazione i Rancho guadagnano mille punti, mentre per la parola “Bizzarro” non c’è stato un motivo particolare se non  la buone assonanza del nome completo, mentre il titolo dell’album mi ricorda i mondo movie di Jacopetti.
Comunque hanno fatto centro: l’evocazione di panorami desertici e post western è assolutamente azzeccata. In sostanza devo dire che fortunatamente non ci sono sorprese, quello che ti aspetti di sentire corrisponde effettivamente a quello che ascolti.
Merita sicuramente attenzione anche il loro lavoro d’esordio datato 2017: “Rancho Bizzarro” (self title), dai contenuti magari un po’ meno Desert ma più Stoner ed è anche più generoso come numero di contenuti.

Grazie RANCHO BIZZARRO!

 

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Articolo di PAOLO PALETTI

 

 

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