I VAMPIRI COREANI di Park Chan-Wook – Le vittime di oggi saranno i carnefici di domani

Thirst - Park Chan-Wook

Come parlare di vampiri ora che sono diventati semplicemente un fenomeno da teenager? Se il serial “True Blood” ha, comunque, più pregi che difetti (parlo della prima serie), la “Twilight Saga”, con i suoi giovani divi-poser, è riuscita irrimediabilmente a confinare il mito del succhiasangue a una ridicola moda “emo”. Mai come negli anni 10 il loro cupo e

sensuale fascino è andato perso, banalizzato, masticato e spremuto il più possibile per il piacere del grande pubblico consumista minorenne. Che fine ha fatto il nobile Bela Lugosi, il sofferente Klaus Kinski o le gang di “Near Dark” e gli orgiastici filosofi diThe Addiction? Di porcherie sul loro mito ne sono state dette, scritte e viste tante in tutte le epoche, ma così insulsi non erano mai stati, fagocitati da un’industria che deve dissanguare ogni mito fino ad abbandonarlo solo e moribondo (che siano loro i veri vampiri?). Stessa sorte pronta per zombi, licantropi e perfino per le favole dei fratelli Grimm.

Thirst - Park Chan-wook
La bella Ok-bin Kim

Ovviamente è l’oriente che ci risponde con il bellissimo “Thirst” di Park Chan-Wook. Per ambiguità e originalità questo film potrebbe essere paragonato al cult di RomeroWampyr / Martin”degli anni ’70. Entrambi giocano con il mito del vampiro dandogli connotazioni e motivazioni completamente diverse.

Thirst”, come ogni film del pazzo regista coreano, disattende le aspettative create nella prima mezz’ora, si trasforma in una storia d’amore controversa, per un po’ si prende gioco di sé e degli spettatori, viene condita con momenti molto poetici e onirici e fa scorrere tanto sangue nei momenti clou.

Thirst - Park Chan-wook

Protagonista è un prete cattolico che decide di sacrificare la sua vita, offrendosi come cavia per trovare la cura a una rara malattia che miete numerose vittime in un paese africano. Infettato e miracolosamente guarito, si trasforma, suo malgrado, in una leggenda. Presto si accorge che per non riammalarsi deve bere in continuazione sangue umano. Inizialmente cerca di resistere all’istinto predatorio sfamandosi con le flebo dei pazienti in coma per poi passare a una community di aspiranti suicidi che vedono in lui morte e redenzione al tempo stesso. Con il desiderio del sangue esplodono in lui anche tutti gli altri desideri umani tanto da innamorarsi della moglie repressa di un suo compagno di scuola. Per amore di lei uccide suo marito e la vampirizza. La donna trova nella sua nuova non-vita la strada per essere totalmente libera e vendicarsi dell’interna famiglia. Come in ogni film di Park Chan-Wook le vittime diventano carnefici e nella vendetta trovano la realizzazione. Lo stesso prete confessore, che considera il vampirismo del suo protetto un dono di Dio, non è mosso dalla fede quanto dalle proprie debolezze umane. Sfama il giovane prete con il suo sangue, sperando solo di essere vampirizzato a sua volta, per potersi alzare dalla sedia a rotelle e tornare nuovamente a vedere. Tutti i personaggi di “Thirst” sono amaramente umani, vampiri compresi.

Lontano dal suo ignorato capolavoro “I’m a Cyborg but it’s Ok“, questo pseudo horror è uno dei suoi migliori lavori.

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