La mostra delle atrocità di TETSUYA ISHIDA

Tetsuya Ishida – Recalled (1998)
Tetsuya Ishida – Recalled (1998)

Fino a quando avremo un corpo sperimenteremo il body horror” scrive, in un articolo del 2014 dedicato a Jake e Dinos Chapman e pubblicato sul The Guardian, il critico d’arte inglese Jonathan Jones.

Col termine “body horror” siamo soliti identificare un genere post-moderno che ha avuto fortuna soprattutto in campo cinematografico, ma esso si basa su un’idea, quella della mutazione del corpo umano con sottintesi allegorici, che in realtà ha origini molto antiche. Con molta facilità si può trovare un precedente illustre nel celeberrimo Hieronymus Bosch, il quale era solito dipingere scene surreali popolate da creature dal profilo biologico ambiguo, impossibili fusioni tra esseri umani, animali, vegetali e persino strumenti meccanici. Certamente animato da un’immaginazione senza eguali, Bosch non lesinava prestiti da patrimoni iconografici elaborati nei secoli precedenti, in particolare dall’immaginario popolare e dai repertori alchemici, proponendoli dalla prospettiva inedita di una riflessione esistenziale sull’essere umano.

Hieronymus Bosch
Hieronymus Bosch

L’esperienza di Bosch è risultata seminale per un gran numero di artisti nei secoli successivi, influenzando personalità dei più svariati contesti, dall’olandese Pieter Bruegel il Vecchio all’austriaco Alfred Kubin, dal polacco Zdzislaw Beksinski agli inglesi Jake e Dinos Chapman, tanto per citarne alcuni. Un’influenza che comunque non ha impedito loro di raccontare il proprio presente, rendendo l’orrore biologico un tema sempre attuale, perfetta metafora di una contemporaneità disumanizzata dal progresso e dal disgregarsi del tessuto sociale.

Alfred Kubin (1900 ca) e Zdzislaw Beksinski (1970 ca)
Alfred Kubin (1900 ca) e Zdzislaw Beksinski (1970 ca)

 

Uno sviluppo peculiare dell’idea di body horror la si può trovare nell’arte di Tetsuya Ishida, pittore giapponese che negli ultimi anni ha avuto una grande fortuna, purtroppo postuma, presso i mercati e la critica occidentale. L’opera di Ishida è ricca di elementi tipici della cultura giapponese, e per questo può risultare di difficile comprensione al di fuori del suo ambito d’origine, ma nondimeno in essa è stata riconosciuta la capacità di trascendere la contestualizzazione storica e geografica e di comunicare ad una sensibilità più ampia, comune alle società post-industriali.

Nato nel 1973 e morto prematuramente nel 2005, Tetsuya Ishida è considerato una delle voci più autorevoli del cosiddetto “decennio perduto”, ovvero del periodo di crisi economica che investì il Giappone agli inizi degli anni Novanta, lasciando ferite profonde in una società che fino ad allora aveva conosciuto una costante crescita economica. Diventato maggiorenne proprio negli anni in cui la crisi piombava sul suo Paese, Ishida ne aveva sofferto in prima persona le conseguenze sociali, in particolare l’esasperazione che veniva posta sulle scelte professionali dei giovani. A questo il pittore aveva reagito con un atto di ribellione, rifiutando gli studi scientifici verso cui lo spingeva la famiglia e decidendo di laurearsi a proprie spese in Design della Comunicazione Visiva.

 

Tetsuya Ishida - Senza titolo (sd)
Tetsuya Ishida – Senza titolo (sd)

 

Tetsuya Ishida - Awakening (1998)
Tetsuya Ishida – Awakening (1998)

 

La mutazione del corpo umano è il principale espediente attraverso il quale Ishida cattura il volto di una società basata sui principi del progresso, dell’inquadramento sistematico e dell’economia di scala. La sua pittura, figurativa e di matrice neo-surrealista, sceglie come soggetto la quotidianità, rivelandola nel suo orrore di ciclo produttivo serializzato in cui l’uomo diviene un semplice ingranaggio o, peggio ancora, un prodotto di consumo. Venuto a mancare il concetto stesso di individuo (a ripetersi è sempre ed inesorabilmente lo stesso volto) all’essere umano non rimane che divenire ciò di cui la società ha bisogno: l’estensione di uno strumento di lavoro (il controllore e il commesso di Complaint, 1998 e Supermarket, 1996), della merce in transito quotidiano (i pendolari-pacchi di Senza titolo, 1997), il contenitore dove vengono smaltiti i rifiuti biologici (gli uomini-orinatoi e gli uomini-wc che compaiono in varie opere).

Tetsuya Ishida - Complaint (1996) e Long Distance (1999)
Tetsuya Ishida – Complaint (1996) e Long Distance (1999)

 

L’atto di accusa di Ishida è violento e non teme di portare alle estreme conseguenze i suoi lati più grotteschi, esponendo senza alcuna censura forme ed anatomie orribili e  scandalose. Una mostra delle atrocità allestita con un’urgenza viscerale ma, allo stesso tempo, un’attenzione maniacale al dettaglio, con mille particolari che si stagliano con brutale realismo, anche quando il loro significato è volutamente indecifrabile e rimanda all’esperienza personale dell’autore, che non ha mai fornito molti indizi per comprendere a fondo la sua arte. Guidato dalla volontà di catturare il sentire comune di un’intera generazione schiacciata dalla crisi, nelle poche interviste concesse quando era in vita Ishida ha ridimensionato la chiave di lettura autobiografica dei suoi dipinti, destinandola così ad essere un enigma insoluto.

Tetsuya Ishida - Body Fluids (2004)
Tetsuya Ishida – Body Fluids (2004)

 Comunque l’aspetto della sua opera che incuriosisce la critica occidentale non è tanto la ricchezza di contenuti simbolici, cosa in fin dei conti tipica del surrealismo, quanto l’immediatezza del messaggio di fondo. Nei momenti migliori l’arte di Ishida ha contorni kafkiani che la avvicinano alle opere più weird di George Tooker, grande interprete in pittura dei principi di Frantz Kafka. Caratterizzato da uno stile pittorico di impostazione classica e partendo da una base realistica, Tooker rappresentava la società moderna in composizioni surreali prive di elementi fantastici, ma in cui l’idea di serializzazione delle strutture burocratiche era spinta fino a paradossi opprimenti.

George Tooker - Government Bureau (1956)
George Tooker – Government Bureau (1956)

 

Come in Tooker, anche in Ishida il parossismo della simmetria diviene la regola fondante della prigione del quotidiano: l’alienazione dell’uomo moderno si consuma in un ufficio-manicomio, in un ospedale-discarica, in una classe-catena di montaggio.

Tetsuya Ishida - Waiting for a chance (1999)
Tetsuya Ishida – Waiting for a chance (1999)

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