L’AFFARE VIVALDI – Franco Maria Sardelli

L'Affare Vivaldi

Antonio Vivaldi morì a Vienna nel 1741. Era sul lastrico. A Venezia lasciò agli eredi una consistente mole di debiti, pari soltanto alla mole di spartiti composti in tutta la sua vita.
Il fratello e le due sorelle cercarono in qualche modo di salvare le sue composizioni, prima che i creditori si avventassero su di loro. Di nascosto, si sforzarono di vendere in blocco gli spartiti, affinché non andassero perduti. Non fu facile. In Italia per quasi due secoli il nome di Vivaldi venne dimenticato. Solo negli anni Venti i suoi manoscritti tornarono alla luce.
La storia rocambolesca di come questi manoscritti furono salvati e di come la Biblioteca Nazionale di Torino riuscì ad acquisirli (in modo insperato), è raccontata con grande verve da Federico Maria Sardelli nell’”Affare Vivaldi”, un romanzo dall’intreccio complesso, ricco di intrighi e colpi di scena, ma che è anche un saggio, dato che “i fatti narrati sono, per la grandissima parte, realmente accaduti”. E sono fatti documentati, ma tutti degni di una fiction, avvincente e satirica, con dialoghi brillanti ispirati, per ammissione dell’autore, al teatro di Goldoni (per le scene ambientate a Venezia nel Settecento) e a Camilleri (per quanto avvenuto ai tempi del Fascio).

La storia si snoda fra Venezia, Genova e Torino e abbraccia tre secoli: dal 1740 al 1938.
Ciò che oggi colpisce è che Vivaldi, ancora in vita, stava venendo dimenticato dai suoi stessi contemporanei, la sua fama eclissata dagli astri nascenti della musica napoletana (Scarlatti).
Il primo salvataggio degli spartiti si deve a una frase dell’ambasciatore italiano di Vienna che, in visita a Venezia, cita Vivaldi. Grazie a lui, chi considera quei manoscritti il frutto scadente di un musicista minore scopre che a Vienna il ricordo di Vivaldi e del suo talento è ancora vivo e che quegli spartiti possono avere un valore (anche economico).
Una figura becera la fanno anche i padri salesiani del Monferrato, a cui viene donata nel 1925 un’intera biblioteca di volumi antichi e pregiati, fra cui gli spartiti di Vivaldi. I Salesiani si aspettavano una donazione in denaro e, vedendosi arrivare una montagna di carta inutile e ingombrante, la delusione e l’irritazione sono tali che stipano tutte quelle scartoffie in solaio, senza nemmeno farne un inventario. E’ documentato che i preziosi manoscritti della collezione Durazzo furono caricati su “un carretto adibito per il letame” e poi “scaricati senza ritegno sulla terra nuda” di fronte al Collegio salesiano.
Solo quando il “monsignore in carriera” del Collegio salesiano scopre che potrebbe trarre profitto dai manoscritti di quello sconosciuto compositore veneziano, viene coinvolta per la stima la Biblioteca Nazionale di Torino. E qui si innesca la caccia a tutto ciò che resta dell’archivio personale di Vivaldi.

 

Sardelli non si limita a stoccate feroci sulla cupidigia clericale (in questo non risparmia neanche Padre Pio), ma fa un ritratto sarcastico e impietoso dell’intellettuale americano e delle sue altolocate amicizie romane: il poeta Ezra Pound, musicologo dilettante che ostenta un’arroganza pari soltanto alla sua ignoranza musicale.
Il libro però è dedicato ai misconosciuti eroi di questa vicenda: Luigi Torri, compositore e musicologo, direttore della Biblioteca Nazionale di Torino, e Alberto Gentili, musicologo, direttore d’orchestra e compositore, docente di storia della musica all’Università di Torino.

Oggi pressoché nessuno sa che dietro alla possibilità di ascoltare Vivaldi c’è il lavoro di questi due grandi uomini.
Se oggi conosciamo Vivaldi lo dobbiamo al loro fiuto, alla loro intelligenza e al loro infaticabile sforzo per assicurare quel tesoro allo Stato e quindi alla fruizione pubblica.

Purtroppo Alberto Gentili fu vittima dell’epurazione fascista: essendo ebreo, nel 1938 venne cacciato dall’Università di Torino e fu costretto a fuggire dall’Italia. Il magnifico rettore che lo allontanò dalla sua cattedra si chiamava Azzo Azzi. E questo dice tutto.

 

 

Curiosa figura di intellettuale e di artista eclettico, Franco Maria Sardelli (classe 1963).
E’ responsabile del Catalogo Vivaldiano e membro del comitato scientifico dell’Istituto italiano Antonio Vivaldi.
E’ flautista e direttore d’orchestra del gruppo Modo Antiquo, che suona musica antica e barocca.
E’ anche pittore e fumettista, ma forse è più conosciuto al grande pubblico per la sua collaborazione con “Il Vernacoliere”, “mensile di satira, umorismo e mancanza di rispetto” fondato a Livorno nel 1982.

 

I più importanti interpreti di Vivaldi, in Italia:

  • Fabio Biondi e l’ensemble Europa Galante

Trascinanti le loro esecuzioni di Vivaldi (“Le quattro stagioni”, “L’estro armonico”, “La stravaganza”…). Per vivacità e potenza, l’Estate di Vivaldi ha la forza di un concerto rock.

  • Giovanni Antonini e l’orchestra da camera Il Giardino Armonico

Eleganti le loro esecuzioni di musica barocca. Bellissima la raccolta di concerti di Vivaldi per violoncello e orchestra. Indimenticabile anche l’esecuzione della Follia di Geminiani.

  • Federico Maria Sardelli e il gruppo di musica antica e barocca Modo Antiquo

Importante la loro riscoperta del teatro musicale di Vivaldi e delle sue opere cantate.

Da non perdere anche le esecuzioni di violinisti brillanti come Giuliano Carmignola e Uto Ughi.

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