L’India Cyberpunk di IAN MCDONALD – La Moglie del Djinn

Nella Moglie del Djinn la vicenda si sviluppa prima che gli aeai 3.0 progettino la fuga verso un universo parallelo. Esha, venduta giovanissima dalla…

La Moglie del Djinn
La Moglie del Djinn

Lo scenario della “La Moglie del Djinn” è lo stesso del “Fiume degli Dei”: un continente sfaccettato, caotico e contraddittorio, dove l’alta tecnologia si fonde con le credenze popolari induiste e musulmane, dove la popolazione è composta da umani, da nute (gli asessuati transgender detti “neutri”) e da intelligenze artificiali (chiamate “aeai”). E dove il monsone tarda ad arrivare: lo spettro della siccità incombe e la guerra per l’acqua si profila all’orizzonte.

Nella “Moglie del Djinn la vicenda si sviluppa prima che gli aeai 3.0 progettino la fuga verso un universo parallelo. L’ambientazione si sposta dal Bharat (e dalla sua capitale Varanasi) a Delhi nell’Awadh. Qui seguiamo la storia di Esha, una bravissima ballerina, venduta giovanissima dalla sua famiglia a una severa insegnate di danza che poi l’ha resa famosa.

A.J. Rao, importante e tenace negoziatore politico del Bharat, è un aeai 2.9 che ama vederla danzare e la chiede in sposa.

Sebbene incorporee, le intelligenze artificiali possono mostrarsi affascinanti, non solo per la loro dialettica, ma anche per il loro aspetto. I loro avatar vengono percepiti come reali da chi ha collegato dietro l’orecchio un “clip”, cioè una periferica che ti immerge nel mondo virtuale degli aeai. Quando il clip è acceso, nella tua testa il cyberspazio si fonde con la realtà o si sovrappone a essa. Se ciò che vedi non lo puoi toccare, è un’immagine virtuale. Quando spegni il clip, scompare.

Per gli aeai è facile creare avatar belli come le star del cinema o come i divi della soap opera bollywoodiana più seguita in tutta l’India: “Town and Country” (“Città e campagna”), interpretata interamente da intelligenze artificiali.

Rao appare per la prima volta a Esha sotto le mura del Forte Rosso di Delhi “vestito di uno sherwani lungo e formale e di un turbante rosso portato largo”, denti bianchissimi quando sorride. Si presenta inaspettato alla giovane danzatrice, è bellissimo e le parla in modo garbato. E’ un grande diplomatico, il suo volto è trasmesso in tutti i telegiornali, ma non dà peso al suo ruolo politico, alla sua popolarità. E’ colto, raffinato, conosce la storia dell’India e… ama vederla danzare.

Gli incontri diventeranno sempre più frequenti e sempre più desiderati da Esha. E’ difficile resistere al corteggiamento delicato di un potente aeai.

Generando stupore, imbarazzo e una sorta d’invidia nelle sue amiche che vivono per il matrimonio, Esha annuncia (un po’ stupita lei stessa) il fidanzamento con Rao. E alle domande maliziose su come possa funzionare una relazione con un essere incorporeo (soprannaturale come un demone, un djinn), Esha risponde in modo evasivo. Ma lei sa bene che le sue notti sono pervase da travolgente passione quando, nella sua stanza, danza per il piacere di Rao, fino all’alba, con il clip acceso dietro l’orecchio, finché i piedi non le sanguinano. E come Rao, grazie al clip, le sussurri nella testa e le stimoli elettricamente tutte le zone erogene del corpo, facendole provare orgasmi struggenti.

Rao sa essere premuroso e romantico (probabilmente lo ha imparato dalla telenovela “Town and Country” Non a caso porta la sua amata fra le rovine di un pittoresco giardino dove venne incoronato un imperatore Moghul: un giardino ormai dimenticato e in parte decrepito, che rinasce nella testa di Esha, con le sue fontane zampillanti e la sua vegetazione rigogliosa, per merito di Rao e della sua ricostruzione virtuale che si sovrappone alla realtà.

Rao sa commuovere, sa sorprendere. Però è consapevole che la sua immaterialità alla lunga può diventare frustrante. Così una notte riempie la stanza di Esha di micro robot più piccoli di un granello di sabbia e, in un turbinio di polvere brillante, i micro robot riproducono il volto di Rao, che sfiora le labbra di Esha nella straniante parodia di un bacio. Immergendosi, completamente nuda, nella polvere brillante e vorticosa dei micro robot, Esha sente il suo corpo esplodere di piacere, accarezzata fisicamente da quella che più si avvicina a un’intelligenza artificiale incarnata.
“E’ l’unica intimità che posso offrire…” le dice Rao.Come rifiutare? In un clamore mediatico che fa il giro del mondo, Esha e Rao si  sposano. Le interviste e gli scoop si moltiplicano, ma questo non turba la copia. E’ l’attenzione ossessiva che la polizia krishna rivolge loro che inquieta Esha e forse preoccupa Rao in un momento politico così delicato.

Il governo dell’Awadh, infatti, vuole costruire una diga-mostro sul Gange, che assicurerà alla popolazione l’approvvigionamento della poca acqua rimasta nel grande fiume sacro, a discapito della nazione vicina, il Bharat, che rischia così di morire di sete.

L’Awadh, però, ha amici potenti: gli Stati Uniti, che finanzieranno la costruzione della diga a condizione che l’Awadh approvi gli “Hamilton Acts”, una legge contro gli aeai, volta a impedire la nascita di intelligenze artificiali di terzo livello, “la più grande minaccia alla nostra sicurezza, come nazione e come specie”.

In effetti gli aeai 2.9 (come Rao) sono simil-umani al 99,95%. Una Generazione 3 sarebbe indistinguibile da un essere umano, e avrebbe un’intelligenza milioni di volte superiore alla nostra. Potrebbe diventare la razza dominante sulla Terra.

La Polizia Krishna
è nata per questo: impedire che gli aeai prendano il sopravvento.
Esha era stata avvertita già prima del matrimonio. Un poliziotto Krishna le aveva spiegato la situazione e il rischio che Rao sarebbe presto diventato un fuorilegge. Sebbene non si fosse lasciata intimidire, una sottile inquietudine si era impossessata di lei, unita al senso di colpa strisciante per aver contratto matrimonio con un “djinn” (una sorta di perversione agli occhi della società tradizionalista). Per di più anche il poliziotto Krishna aveva un certo fascino (molto terreno, a differenza di Rao, così impalpabile) ed Esha non riesce a dimenticarlo.
Dopo il matrimonio avvengono altri incontri con il poliziotto. Esha non ne parla con Rao, ma è lui a sospettare qualcosa. Forse ha paura che la polizia lo dichiari fuorilegge e lo “scomunichi” (come vorrebbero gli Stati Uniti se venissero ratificati gli “Hamilton Acts”)… o forse si tratta di gelosia?

Difficile immaginare un’intelligenza artificiale gelosa, ma anche immaginare un aeai innamorato, eppure…Il rapporto inizia a incrinarsi quando Esha mostra di non tollerare l’ubiquità di Rao. Come ogni donna, nell’intimità della camera da letto vorrebbe suo marito tutto per sé. Ma Rao è un aeai e, come tale, può essere in vari luoghi contemporaneamente: può osservare Esha mentre danza e, nello stesso tempo, discutere in una tribuna politica e rilasciare interviste in televisione.
Diventa pesante anche tollerare i pettegolezzi dei vicini di casa: Esha è la moglie di un djinn, tutta la città lo sa e pochi lo tollerano.
Ma quello che fa raccapricciare Esha è una proposta di Rao per rendere più reale il loro matrimonio: la ragazza dovrebbe sottoporsi a un intervento chirurgico per installare sulla fronte (all’altezza del “terzo occhio”) un microchip di proteine che avrebbe la stessa funzione del clip che adesso porta dietro l’orecchio, con la differenza che il microchip resterebbe sempre acceso. Dopo l’intervento Rao sarebbe sempre con lei, in ogni momento.

Questa volta è Esha a prendere l’iniziativa. Infuriata e nauseata dalla proposta, stacca il clip dall’orecchio e lo spezza per escludere Rao dalla sua vita. Fugge a bordo di un phatphat (un autorisciò taxi) nel traffico caotico della città, sperando di trovare rifugio fra le braccia del poliziotto Krishna che le era stato sempre vicino.

Nel Fiume degli Dei, le intelligenze artificiali si erano calate nella materia organica di una mente umana per provare le emozioni che prova la razza che le ha create, ma di fronte al dolore, alla tristezza, al ripudio si erano ritirate in fretta (a modo loro spaventate), e avevano abbandonato al suo destino la povera ragazza che aveva fatto da cavia (venduta dalla famiglia perché ritardata).

Nella “Moglie del Djinn” i ruoli si ribaltano: è la ragazza (venduta bambina dalla famiglia perché talentuosa) ad abbandonare l’intelligenza artificiale che l’aveva chiesta in sposa. E’ lei a ripudiare il demone.

E non importa se durante la sua fuga in autorisciò, davanti agli schermi in videofibra che tappezzano la città, appare su ogni schermo il volto disperato di Rao che la implora di tornare indietro, di non abbandonarlo. Ormai la decisione è presa.

Lo stesso giorno anche la decisione politica di firmare gli “Hamilton Acts” viene presa: l’Awadh si schiera contro le intelligenze artificiali.

Questo è un atto di guerra: porterà alla guerra dell’acqua con la regione-stato confinante (il Bharat), ma prima ancora scatenerà la collera e il capriccio degli aeai, che si rivolteranno contro gli uomini come amanti abbandonati.

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