NAPOLI dalla A alla Z -Jean-Noël Schifano – Parte 1
…una fame infinita di Napoli, l’amore divorante che ogni Napoletano prova per la sua Città.
…a scriverlo è un francese: Jean-Noël Schifano, di padre…
Un dizionario su Napoli non poteva essere che un’opera appassionata, anzi “carnale”: un’opera che ci fa provare, come le novelle di Giambattista Basile, “una fame infinita di Napoli, l’amore divorante che ogni Napoletano prova per la sua Città.”
Curioso che a scriverlo sia stato un intellettuale francese: Jean-Noël Schifano, di padre siciliano “nato alla fine del XIX secolo nell’ex Regno delle Due Sicilie”. “Nulla di meno napoletano di un siciliano. Anche se, nelle caserme italiane, fino alla fine del XX secolo, tutti i soldati provenienti dal sud di Roma erano soprannominati «Napoli», in generale e con disprezzo.”
A Palermo si celebra il trionfo della morte, a Napoli il trionfo della vita. Un trionfo che emerge prepotentemente in tutte le voci di questo dizionario enciclopedico (chiamarlo dizionario è a dir poco riduttivo).
Schifano spazia dalla storia alla letteratura, dalla musica alla pittura, alle icone della Napoli contemporana (Totò, Maradona…), infarcendo il tutto con aneddoti e ricordi autobiografici.
Qui riporto qualche stralcio attinto dal mare magnum delle sue conoscenze.
Virgilio (70-19 a.C.) ha composto a Napoli l’Eneide, ma è un altro lo scrittore che ha lasciato un segno indelebile nei Napoletani: è Giambattista Basile (1575 – 1632) che ha scritto Lo Cunto de li Cunti, pietra miliare della letteratura del XVII secolo ispirata al Decameron di Boccaccio. Un’opera popolare, grottesca, sboccata ed esilarante. Dieci novelle al giorno per cinque giorni, cinquanta favole di “piccante amorale moralità”, che si nutrono dell’immaginazione delirante della città e “delle sue trasgressioni, piene di violenza, di crudeltà, d’amore ardente, sotto un’apparente dolcezza di miele”.
Basile sognava la celebrità. Scriveva per le varie corti in lingua ufficiale, ma la sua fama arriverà postuma, con la pubblicazione della sua unica opera scritta in napoletano. Come non trovare moralmente amorale che Basile appartenesse all’Accademia napoletana degli Oziosi “e il suo nome di socio, scelto da lui, era «Parassita»”. Schifano ricorda che un critico francese, fine conoscitore del cinema italiano, un giorno disse al regista napoletano Francesco Rosi che ai suoi film più impegnati preferiva La Bella e il Cavaliere, tratto da un racconto di Giambattista Basile.
Nota: nel 2015 il regista Matteo Garrone dirige “Il Racconto dei Racconti (Tale of Tales)“, film affascinante, ispirato a tre delle cinquanta novelle di Basile.
Un’altra opera letteraria che non può essere dimenticata è Il Corricolo di Alexandre Dumas (1802 – 1870).
“Dumas ci dà uno dei ritratti più vivi che siano mai stati realizzati di Napoli.”
“Raccontare Napoli senza vederla!… I mediocri, che sono un esercito, ci riescono mediocremente. Prova del genio di Dumas: vi è riuscito genialmente!”
E per farlo si è rivolto al napoletano più famoso di Parigi, Pier Angelo Fiorentino, che firmava i suoi articoli sui grandi giornali della capitale francese con il nome di A. de Rouvray. E’ lui che fornisce a Dumas “tutto il materiale storico necessario oltre i suoi stessi ricordi e mille aneddoti sui personaggi più coloriti del popolino…”
Fra gli scrittori contemporanei, Schifano considera Domenico Rea (1921 – 1994) il “più napoletano d’Italia”. Sebbene le sue opere non siano certo novelle esilaranti, lo stile di Rea può ricordare, in certo qual modo, quello di Giambattista Basile essendo, come lui, “magistralmente osceno”. Schifano ci tiene a sottolineare che osceno non significa volgare: “Niente amore, niente creazione senza oscenità. Dio è osceno, non è mai volgare.”
Come non citare, allora, due massimi artisti legati a Napoli.
Gian Lorenzo Bernini (1598 – 1680), lo scultore napoletano che a Roma “realizzò nel marmo i più sensuali orgasmi femminili”.
Caravaggio (1571 – 1610), che negli ultimi anni della sua vita sregolata si rifugiò per tre volte a Napoli, dove dipinse capolavori come Le opere di Misericordia, ambientate in un vicolo notturno della Città Vecchia, e Davide e Golia, dove si autoritrae come Golia “straziato dalla sofferenza o martoriato dal piacere”, a seconda di come si interpreti il suo volto e, soprattutto, il suo rapporto con il ragazzo che gli fa da modello, stringendo in mano la spada.