WHAT IF…? – WANTED Osama bin Laden: vigilante – Lavie Tidhar
Immaginate che Osama bin Laden sia il protagonista di una serie di romanzi pulp piuttosto violenti, pubblicati da una casa editrice minore, specializzata in libri spazzatura. Anche se rivolti a un pubbllico di nicchia, questi tascabili hanno un discreto successo. Chi li scrive è uno sconosciuto, che si firma con l’improponibile pseudonimo di Longshott (traducibile in italiano con “Tentativo disperato”). Immaginate adesso una ragazza misteriosa che entra nell’ufficio di un detective privato (Joe) e gli chiede di scoprire chi è il vero autore della serie “Osama bin Laden: vigilante”. Appare subito chiaro che il mondo in cui vivono Joe, la misteriosa ragazza e l’enigmatico Longshott non è il mondo che noi conosciamo. Si tratta di una realtà alternativa, un universo parallelo… un’ucronia in cui il terrorismo internazionale esiste solo nei libri efferati di un autore di serie b.
Per noi lettori, invece, gli attentati descritti da Longshott nella serie “Osama bin Laden: vigilante” sono resoconti di quanto è realmente accaduto, scarni e agghiaccianti come reportage di guerra, mentre il mondo di Joe è quello di un fumetto o, meglio, di un film noir anni Cinquanta: un polpettone hard-boiled in cui il protagonista è un detective che fuma come una ciminiera, beve bicchieri di whisky uno dietro l’altro (o caffè in alternativa) e prende cazzotti da chi non vuole che ficchi il naso dove non dovrebbe. L’incarico glielo ha affidato la femme fatale di turno (anche se un po’ meno appariscente di quelle descritte nei romanzi di Mickey Spillane) e la trama si dipana in varie capitali del mondo (Parigi, Londra, New York…), senza dimenticare l’Oriente (Vientiane nel Laos), come nei plot classici dello spionaggio internazionale.
Però sta proprio qui la genialità del romanzo: se per noi l’indagine di Joe è un’accozzaglia di déja-vu, per Joe il mondo di Osama è pura fiction: pulp fiction, che parla di una guerra incomprensibile, priva di logica, che punta solo alla spettacolarizzazione della violenza (“Tutto ha sempre inizio con una grande esplosione.”). La vita di Joe è la sceneggiatura di un film già visto, ma la nostra realtà è una fiction scritta male!
“Wanted” è un romanzo dell’israeliano Lavie Tidhar (“Osama” il titolo originale). Nel 2012 ha vinto il premio per il miglior romanzo fantasy dell’anno. Anche se l’alone di mistero avvolge buona parte dell’indagine e i riferimenti ai film noir e ai romanzi hard-boiled degli anni ’50 si susseguono, la parte finale ambientata a Kabul è davvero fantasy. Urban fantasy. Molto onirica. Anche le scene ambientate nelle fumerie di oppio o nei locali notturni di Londra e di New York sono intrise quell’atmosfera magica e sottilmente inquietante che hanno i sogni prima di diventare incubi. Tutto il romanzo non sfocia mai nel brivido, ma il disagio del protagonista è palpabile: in fondo vive situazioni spiazzanti e non ha elementi sufficienti per comprenderle. Del resto né lui né il lettore capiscono fino all’ultimo qual è lo scopo dell’indagine. Il finale ha anche un velo romantico e l’uomo, così come viene descritto dalla femme fatale prima dell’epilogo, potrebbe essere l’autore stesso, Lavie Tidhar.
In effetti una venatura autobiografica dovrebbe pervadere tutto il libro perché Tidhar e la sua famiglia hanno vissuto da vicino ben tre attacchi terroristici: quello di Nairobi, quello di Londra e quello in Sinai.
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