FANTAITALIA – Sei domande a MARCO GALLI

Intervista a Marco Galli autore di fumetti. Buongiorno Marco. Hai da poco concluso il tuo ultimo lavoro Dentro una scatola di latta, in preorder sul sito di progetto Stigma

B-SIDES:  Buongiorno Marco. Hai da poco concluso il tuo ultimo lavoro Dentro una scatola di latta, in preorder sul sito di Progetto Stigma. Ce ne puoi raccontare? A cosa stai lavorando adesso?

Marco GalliMarco Galli: Dentro una scatola di latta è un libro che feci nel 2012. Fu “rifiutato” da Coconino, era il libro dopo Oceania Boulevard, ma non gli pareva centrato come secondo lavoro e così è rimasto nel cassetto fino a quando Akab non mi contattò per chiedermi se volevo partecipare alla sua nuova creatura letteraria: la casa editrice Progetto Stigma. Naturalmente dissi di sì, anche perché era una cosa che emergeva spesso nel gruppo dei Dummy di cui facevo parte, e siccome Akab sapeva che io avevo sempre qualche fumetto completo nel cassetto, mi chiese di essere il primo della collana. Ricordo che gli mandai Epos (che in originale era a colori) e quest’ultimo lavoro. Lui scelse il primo, come si sa, ma mi disse che avremmo fatto anche il secondo, perché gli era piaciuto, ed eccoci qui.

Marco Galli - Dentro una scatola di latta
L’ultimo fumetto di Marco Galli: Dentro una scatola di latta

In questo momento preciso non sto facendo nulla di nuovo, ma ho appena consegnato il Dylan Dog Colorfest, che ho scritto, disegnato e colorato. Sto cercando di vendere in Francia un nuovo libro a fumetti e sto cercando di far pubblicare un romanzo breve (solo parole e niente disegni) scritto durante la prima pandemia.

B-SIDES:  Spesso nell’ambito artistico, fumetto compreso, viene inculcata l’idea che un autore debba raggiungere uno stile personale e riconoscibile. Tu sei un po’ un’eccezione a questa discutibile teoria. Il tuo tratto cambia molto da fumetto a fumetto. A volte ricorda lo stile dei fumetti francesi anni ’70 tipo Moebius, a volte è più simile a quello di Deve McKean in Cages, altre sembra l’evoluzione del fumetto underground anni ‘90. Come mai questa scelta, che reputo coraggiosa?

Marco GalliMarco Galli: La risposta è molto semplice e credo che il coraggio c’entri poco: ogni storia ha bisogno del disegno appropriato per essere raccontata. Naturalmente questa “appropriazione” la può dare solo l’autore. Mi capita spesso di vedere fumetti dove il disegno non c’entra nulla con la storia e a me, che sono un pessimo lettore di fumetti, questa cosa mi allontana dopo poche pagine (succede più nel “fumetto popolare” o comunque nei fumetti dove c’è sceneggiatore e disegnatore, per ovvi motivi).

Mi piace esplorare i diversi “generi”, va da se che devo per forza trovare, ogni volta, il modo giusto per raccontare quella data storia. C’è da dire che molti, e credo abbiano ragione, mi hanno detto che comunque si riconosce subito che “quel disegno” è un mio disegno. Credo che il segno in ogni essere umano, anche se non disegnante, sia come il DNA: unico.

Marco Galli
Marco Galli – La notte del Corvo

B-SIDES:  La devastante malattia che purtroppo ti ha colpito e da cui ti stai rimettendo ha, come hai raccontato tante volte, influito anche sul tuo lavoro. Durante la lunga riabilitazione hai partorito La notte del corvo che, personalmente, considero una delle migliori graphic novel italiane di questi ultimi anni. Il tratto apehands (per ricordare il tuo curioso pseudonimo) è folle e selvaggio, come il vecchio west che racconti. Come giudichi ora, a distanza di qualche anno, questo lavoro?

Marco Galli Marco Galli: Lo giudico un miracolo e onestamente non so nemmeno come ho fatto. Non riuscivo a tenere in mano la matita e usavo la punta della stessa come punto di appoggio, perché il mio polso era morto e se appoggiavo il gomito la mano si sdraiava sul foglio. L’ho disegnato, letteralmente, con la spalla. Era da tempo, da prima della malattia, che volevo fare un western (ci sono cresciuto con quei film in televisione il sabato sera). Credo, anche, che in qualche modo non poteva essere fatto se non da quella mano in quel preciso modo e per quanto riguarda la scrittura, la trovo molto efficace e “letteraria” ed era quello che volevo; in più ogni cosa si è incastrata in modo perfetto: non faccio mai sceneggiature e qui non ho potuto nemmeno fare storyboard, vista la situazione fisica, eppure è uscito tutto naturalmente, come un fiume carsico che sbuca dalla terra.

B-SIDES:  Qual è il tuo lavoro a cui sei più affezionato?

 

Marco GalliMarco Galli: Se dovessi risponderti con una battuta da “autore” ti direi: il prossimo. In verità non saprei scegliere. L’unico fumetto che ho fatto su commissione è il Dylan Dog, tutti gli altri sono frutto di un esigenza e il paragone, metaforico, con i figli ha un senso e si può chiedere a una madre o a un padre quale figlio preferiscono? Sicuramente in alcuni libri vedo più errori che in altri, ma, sempre tornando ai figli, i “problematici” sono quelli a cui vogliamo più bene.

B-SIDES:  In Italia ci sono ottimi disegnatori che, a mio parere, illustrano storie non sempre interessanti, o, quanto meno, prive di quel respiro epico che caratterizza molti autori stranieri. Invece i tuoi fumetti hanno storie forti che travalicano i generi, ricche di riferimenti letterari e cinematografici. Non pensi che diversi tuoi colleghi dimostrino una carenza culturale o, quantomeno, una mancanza di curiosità intellettuale? Che consiglio ti sentiresti di dare loro?

Marco GalliMarco Galli: A questa domanda non posso risponderti, primo perché è sempre antipatico mettersi su un piedistallo e secondo perché di fumettisti che danno consigli ce ne sono già abbastanza. Credo che il fumetto come il cinema, la letteratura, la musica, il teatro, abbia qualcosa che sta un po’ più in alto e qualcosa che sta un po’ più in basso, ma alla fine va bene così: una scena fumettistica solo “intellettuale” credo avrebbe davvero poco senso e i sensi unici non li sopporto. Diciamo, per non sottrarmi al tuo pungolo polemico, che si potrebbe migliorare la visione culturale del settore, o meglio ampliarla, farla uscire dal recinto in cui a volte si fossilizza; ma credo siano cose già in forte cambiamento con le nuove generazioni.

Marco Galli
Marco Galli: Nella camera del cuore si nasconde un elefante – Oceania Boulevard – Èpos

B-SIDES:  Nei tuoi fumetti spazi dal noir, al western, alla fantascienza… Hai un genere letterario o cinematografico preferito? Se la musica ti accompagna durante le tue creazioni, cosa ascolti?

Marco GalliMarco Galli: Anche qui, rispondere è complesso perché entra in campo anche l’età, che fa cambiare i gusti, ma proprio perché si sentono i sapori diversamente. Per esempio adesso leggo più saggistica che romanzi, e, come dicevo sopra, leggo pochissimi fumetti e spesso di autori che conosco personalmente.

Amo la fantascienza, ma quella poco “fanta” e molto scienza che si vede al cinema ultimamente mi annoia molto: credo che uno dei grossi problemi del cinema mainstream di oggi sia la perdita del “magico”, si tende a razionalizzare il fantastico: accettiamo che un tizio se ne voli col costumino ad ammazzare marziani ma non accettiamo che non gli cresca la barba dopo due giorni e tutto diventa paradossale, quando va bene. Credo che il concetto di “fantasia” non stia molto bene di questi tempi.

Sì, ascolto sempre musica quando disegno, a volte la radio a volte scelgo una colonna sonora apposita. Mentre scrivo, scrivo e riscrivo sempre alla fine della parte disegnata, dipende: sempre musica senza cantato, le parole mi distraggono, sempre classica o jazz, tranne poche volte l’elettronica. In alcuni casi scrivo in totale silenzio, ma anche qui dipende da quello che sto scrivendo: a queste domande ho risposto con la BBC, canale 6, in sottofondo.

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