STOKER: Park Chan-Wook incontra Hitchcock
Park Chan-Wook, dopo un capolavoro come “Thirst” in cui rielabora il mito del vampiro, firma questo “Stoker” che niente ha a che fare con il padre di “Dracula”. E’ piuttosto un omaggio dichiarato del regista coreano ad Alfred Hitchcock. I personaggi, le recitazioni, i tempi richiamano i classici del re del giallo, ricontestualizzandoli in tematiche più spinte.
IL FILM
Nella famiglia borghese americana niente è come sembra: ordine ed educazione sono la facciata per la follia e la pedofilia. Sembrano delle ottime premesse, ma Park è in imbarazzo o in soggezione con il gotico occidentale. Non l’aiuta certo la classica e irritante sceneggiatura statunitense moderna che deve spiegare ciò che è avvenuto con uno sproloquio di motivazioni chiare per lo spettatore. E’ come se questi mediocri mestieranti ti si sedessero accanto a ripeterti “Hai capito? Se no te lo rispiego. Aspetta, dai, te lo rispiego così sono sicuro non ti sfugga niente…”
IMPRESSIONI
“Stoker” è un film molto curato, a tratti emozionante, che alterna scene straordinarie ad altre più scontate. Serve, soprattutto, a far conoscere il talento di un grande regista a un pubblico più ampio .
Sconsigliato allo zoccolo duro di fan del regista coreano.
Qui la bella canzone di “Becomes the color” di Emily Wells che chiude la pellicola