LE VENTI GIORNATE DI TORINO. Inchiesta di fine secolo – Giorgio De Maria

Le venti giornate di Torino – Giorgio De Maria

Uno dei massimi piaceri della lettura (e della vita!) è la scoperta. Trovare qualcosa di notevole, un libro, un autore di cui, prima, non si sapeva nulla. O magari si avevano solo idee vaghe. È qualcosa che accade perchè non siamo onniscienti, perchè qualcosa ci sfugge e il nostro compito è scoprire di non sapere, anzichè confermare ciò che sappiamo. Ma a volte questi buchi esistono anche perchè qualcosa è sfuggito all’editoria, alla cultura italiana.

Giorgio De Maria è stato fino ad oggi un culto per pochissimi lettori, che però non lo hanno dimenticato e in particolare hanno tenuto vicino al propria coscienza, turbata da quella lettura incancellabile, un suo libro, l’ultimo pubblicato, uscito quarantanni fa nel 1977, nell’anno in cui è nato chi scrive (una bella coincidenza per un libro che ne nasconde molte altre).
Si era nel pieno degli anni di piombo ed è inevitabile pensare che il libro sia stato prodotto di quelle atmosfere e di quei fatti.

Il romanzo si chiamava “Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo” e uscì per le Edizioni Il formichiere, venendo sostanzialmente ignorato da critica e pubblico.
Ma come scrisse H. P. Lovecraft «non è morto ciò che può attendere in eterno».

Giorgio De Maria - Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria
Giorgio De Maria – Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria

Ed ecco che, grazie a Frassinelli, a Luca Signorelli che l’ha promosso anche in USA torna in libreria uno dei libri più strani, inquietanti e anomali della letteratura italiana del dopoguerra.

Questo ritorno si deve certamente alla riscoperta operata da Signorelli e Giovanni Arduino (che è autore di una post-fazione) ma anche ad un contenuto sorprendente: il romanzo riesce a dipingere perfettamente il voyerismo, la non-comunicazione, la violenza e solitudine del mondo contemporaneo. E lo fa con la creazione della “Biblioteca”, un’istituzione, diversa da quella classica, che sembra anticipare in maniera davvero incredibile Facebook e insieme il self publishing di massa e quell’orrore che oggi noi vi intravvediamo. È forse questo l’elemento che ha spinto un editore americano come Norton (con l’imprint Liveright) a pubblicarlo a febbraio di quest’anno con grande riscontro tra gli scrittori del new weird come Jeff Vandermeer che ha detto: «anche dopo alcuni giorni non ho dimenticato i dettagli avvincenti di questo stupefacente classico appena dissotterrato»…

Lo ha tradotto Ramon Glazov che parlando della Torino del romanzo l’ha definita «una sfarzosa necropoli» Una riscoperta da parte di un editore importante (che in precedenza aveva tradotto solamente Primo Levi…che coincidenza, anche lui torinese!) che sicuramente ci fa felici e rende giustizia ad un libro effettivamente unico.

Il diavolo è nei dettagli

Le venti giornate di Torino” è, come racconta Giovanni Arduino nel suo avvincente e-book “Il diavolo è nei dettagli(che vi consigliamo come approfondimento alla lettura e che si rivela un viaggio nelle innumerevoli coincidenze e nelle incredibili storie che riguardano il romanzo), un vero e proprio libro maledetto.

In primo luogo per la storia del suo autore, per la sua vita di genio e di sregolatezza: una carriera da pianista interrotta da una malattia forse inesistente alle mani, una serie di collaborazioni con personaggi importanti come Eco, Calvino, Elemire Zolla, l’insegnamento in provincia, il Cantacronache per il rinnovamento della canzone italiana insieme a Liverovici, la scrittura senza tregua, la critica teatrale per L’Unità, l’abuso del sonnifero Halcion e dell’alcol, l’anticlericalismo violento improvvisamente convertito in fanatismo religioso, il lavoro alla Fiat cacciato per l’annullamento del matrimonio dalla Sacra Rota, il periodo in RAI da cui venne cacciato per «scarso rendimento e sciatteria»…insomma, mille vite in una, ed è difficile capire chi sia stata una persona con questo curriculum.
Ma oltre a questo c’è sicuramente il contenuto, oggi ancor più inquietante per il suo potere di anticipazione.

Il libro racconta dell’indagine di uomo che, tormentato dal montare della paranoia, cerca di fare chiarezza, al di là della verità ufficiale, su quei venti giorni di dieci anni prima in cui un sonnambulismo di massa fece da corollario ad una serie di sconvolgenti ed incredibili omicidi. Al centro del libro sta una straordinaria creazione. Ecco, per esemplificare la forza del testo di De Maria, qualche brano sulla “Biblioteca”.

Torino - la Piccola casa della Divina Provvidenza
Torino – la Piccola casa della Divina Provvidenza

“Tutto poteva avere accesso alla Biblioteca: prodotti gracili o innaturalmente rigonfi […] Capolavori capitati per caso […] manoscritti le cui prime cento pagine non rivelavano alcuna anomalia e poi a poco a poco franavano verso abissi di follia senza fondo […]. Altri invece concepiti con puro spirito di cattiveria […] La casistica era infinita; aveva la varietà e nello stesso tempo la miseria delle cose che non riescono a trovare un’armonia col Creato, ma che pure esistono e deve pur esserci qualcuno che le osservi, se non altro per riconoscere che è stato un suo simile ad averle concepite […]. Il frequentatore tipico della Biblioteca era un individuo timido, desideroso di approfondire al massimo la propria solitudine e di farla pesare al massimo sugli altri.”

Ed è un’intuizione straordinaria di De Maria che questa “Biblioteca” abbia sede in un luogo che, a causa di una leggenda metropolitana mai smentita definitivamente, per i torinesi possiede una fascino oscuro: la Piccola casa della Divina Provvidenza ovvero il cosiddetto “Cottolengo” che, si dice custodisse, in alcune stanze chiuse al pubblico, veri e propri fenomeni della natura, freaks e altre creature mostruose e sofferenti. Quale luogo più adatto per custodire le mostruosità scritte ed immaginate dall’umanità senza limiti, filtri o freni e per diffondere al massimo grado la morbosità che deriva dall’osservare la vita altrui sapendo che gli altri fanno altrettanto con la propria?

Giorgio De Maria - Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria
Giorgio De Maria – Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria

E poi ci sono le strade, le piazze, i monumenti che nessuno nota, che sono davanti a tutti ma nessuno vede come scriveva Robert Musil nelle “Pagine postume pubblicate in vita, altro libro, questa volta di un celebre autore, che da tempo è irreperibile in libreria. È la stessa Torino ad essere protagonista del romanzo, luogo d’azione ma nello stesso tempo attrice di una vicenda dalle numerose sfaccettature, dalla fantascienza sociologica al poliziesco, all’atmosfera kafkiana, alle eco di Lovecraft e Poe.

Sono moltissimi i riferimenti, seppure solo di evocazione, che possono venire in mente leggendo questo libro ultimo di De Maria: lo stupendo “The wicker man di Robin Hardy, “La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati, Dino Buzzati, Guido Morselli. Ma è la specificità del libro a renderlo unico.

Infine a concorrere a creare l’alone misterioso e terribile intorno a questo romanzo è certamente lo stile, evocativo, potente, preciso nel costruire la soffocante scala della paranoia. Non ho ancora smesso di pensare alle ultime pagine del libro che sembrano illuminate da una fosforescenza delirante davvero rara nella letteratura italiana.

Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo
Giorgio De Maria
Editore: Frassinelli
2017 – pp. 156 – € 17,50
ISBN: 9788893420259

 
Giorgio De Maria - Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria
Giorgio De Maria – Per gentile concessione della figlia Corallina De Maria

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