XXX – MOEBIUS di kim Ki Duk – Il pene padre di tutti i mali.
Certi film, per contenuti e linguaggio, sono più vicini alla videoarte che al cinema. In qualche modo è il caso di questo lavoro di Kim Ki Duk in cui il regista sembra abbandonare ogni coerenza e stile pur di mettere in scena i suoi desideri e le sue paure e più inespresse.
Il regista coreano è diventato il Lars von Trier asiatico, entrambi persi nel pozzo delle proprie depressioni. Ma se il primo resta legato a una forte connotazione stilistica, il secondo tende a rimuoverla.
Il precedente “Arirang” è un documentario girato solo con una videocamera in cui il regista, ritiratosi per lungo tempo come un eremita in una tenda, confessa i suoi disagi esistenziali. Un documento struggente, narcisista e profondamente umano fatto di urla e pianti.
IL FILM
Se con “Arirang“si assiste a una seduta terapeutica di autoanalisi, con”Moebius” si diventa spettatori degli incubi del maestro coreano.
In “Moebius” i dialoghi sono assenti. I pochi attori non parlano, contano solo i loro gesti e i loro sguardi. La trama è un delirio freudiano ricco di incesti e castrazioni.
Una madre, esasperata dai tradimenti del marito, cerca di castrarlo con un coltellaccio. Non riuscendoci si vendica sul figlio dopo averlo visto masturbarsi. Il padre, disperato, si interessa a come rendere nuovamente felice suo figlio privato della sua virilità e soggetto alle umiliazioni dei coetanei.
Inizialmente gli insegna con successo pratiche orgasmiche basate sul dolore e sulla delocalizzazione degli organi sessuali, per poi sottoporsi a un trapianto di cazzo, ma Il ritorno a casa della madre crea nuovo scompiglio. Lei, accortasi del trapianto, cerca in ogni modo di avere un rapporto sessuale col figlio. Il padre, impazzito dalla situazione e dalla gelosia, cercherà di castrare per la seconda volta il figlio per riappropriarsi del suo pene.
IMPRESSIONI
Tante le scene forti, talmente estreme e imbarazzanti da diventare ridicole come, per esempio, la vendetta dell’amante del padre e di suo figlio nei confronti di uno teppista che la stuprò.
In “Moebius” il dolore fisico è l’unica zona in cui si può essere felici e avere un rapporto umano degno di nota. Al di fuori del dolore c’è solo la follia e la miseria.
Probabilmente se Kim Ki Duk non dirigesse film rischierebbe di diventare un maniaco autolesionista con tendenze omicide.
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