Incontro con David Bonato – VREC records

Incontro con David Bonato – VREC records e Davvero comunicazione

 

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In questo contesto temporale nefasto che vede fortemente penalizzate le attività artistiche, non tutto resta immobile. I più scaltri utilizzano questo tempo per riorganizzarsi, sviluppare nuovi progetti e collaborazioni. Tutto sta cambiando e lo fa per poter sopravvivere. Bsidesmagazine ha deciso di incontrare David Bonato, patron di VREC records e Davvero comunicazione. L’interesse di questo incontro è tutto per l’etichetta: VREC

Incontro David nel suo uffici, a casa sua, in un classico pomeriggio di Gennaio. Mentre percorro i (pochi) chilometri che ci separano, continuo a pensare al nostro colloquio telefonico avvenuto qualche giorno prima, breve ma illuminante. David mi ha dato il suo punto di vista su alcuni temi che trovo degni di riflessione.

L’educata pacatezza del mio interlocutore mi mette subito a mi agio ed il discorso prende forma con la prima domanda.

B-Sides: Cos’è la VREC ?

David Bonato: VREC nasce da Davvero Comunicazione. Nasce con un intento ben preciso. Dopo 20 anni di lavoro nel settore, mi sono accorto che c’erano degli artisti “spaesati”, che il mercato stava sempre di più estromettendo, perché rock … ed il rock stesso stava andando sempre più in disuso.

Quindi VREC nasce come piccola realtà veneta, veronese, per cercare di valorizzare e pubblicare, dall’inizio alla fine utilizzando la parte discografico-distributiva, editoriale e quella promozionale. Nasce per mettersi a disposizione per far crescere dei progetti diversi che, a mio avviso, avevano valore.

B-Sides:
Quindi, quali caratteristiche devono avere gli artisti per poter collaborare con VREC?

David Bonato: Siamo partiti come “local label”, favorendo artisti veneti perché  andava di moda il “glocal”, far crescere realtà locali.

Il mio comune denominatore è sempre stato il rock, poi proseguendo con le uscite ho cercato di caratterizzare molto bene VREC, perché ho capito che non aveva senso pubblicare di tutto e di più. Mi sono reso conto che è difficile dare un genere, quindi ci siamo dati degli “hashtag“.

Il Primo è “MUSICA DI QUALITÀ”, non musica usa e getta, ma fatta in un certo modo, non al computer, come va adesso, ma tutta suonata, pensata, old school. Ma anche quella che ti da soddisfazione miglior, sia a livello di resa sonora che dal punto di vista della realizzazione, oltre che di feeling. Musica di qualità è quindi il “cappello” che è stato posto sopra a tutto, anche con un po’ di arroganza (sorride, ndr), perché non è vero che è tutto bello! Che possiamo fare tutti quel cavolo che vogliamo. Ci sono delle regole, che possono piacere o non piacere. (David si fa molto serio quando pronuncia questa frase).

L’altro hashtag è “FUORI DAL CORO” ( David ci tiene a sottolineare, ridendo, che non ha nulla a che fare con il programma televisivo). Fuori dal coro perché si vuole proporre qualcosa di diverso…ecco, se mi arriva una band che mi scimmiotta ciò che c’è già, capisci che è scarsamente interessante. Quindi il carattere è importante.

Il terzo hashtag che caratterizza la VREC è quella che chiamo la “ROCK ATTITUDE“: puoi fare anche solo chitarra e voce, ma se hai l’attitudine, spacchi!

A breve si aggiungerà un altro elemento che chiameremo “LATO OSCURO“. Perché la musica che proponiamo va approfondita e va guardata da più punti di vista, non fermandosi all’orecchiabilità , al  ritornello, ma leggere il MESSAGGIO anche a discapito della commercialità. Difficilmente troverai i nostri brani girare nelle radio mainstream.”

B-Sides: Perché noi italiani siamo così poco attratti dal rock prodotto nel nostro paese, anche se chiaramente ispirato al rock estero?

David Bonato: Perché se una radio ha una linea editoriale precisa, con un feeling internazionale, devi passare della musica in inglese, poi c’è questa chiara credenza che vuole che il gruppo italiano che canti in inglese sia poco credibile, probabilmente perché a monte c’è il fatto che pochi parlino bene inglese. Questi fattori non permettono a nessuna band di svoltare un attimo, di fare il salto più importante, quindi rimane tutto nell’underground e nell’underground c’è tanta roba becera e, nascosta nella maggioranza becera, c’è anche qualcosa di qualità. Di conseguenza il mercato si è saturato di progetti più o meno validi che cercano visibilità, legittima. Ci deve essere un filtro, se non c’è un filtro, il banco salta.

Ho sentito l’esigenza di avere un marchio da tutelare, che poi è VREC, e da far crescere un certo modo, con meno compromessi possibili. Poi, i compromessi ci sono, ovviamente, ma con più coerenza possibile.

B-Sides: In questo, che noi di Bsides chiamiamo, medioevo musicale italiano, il fenomeno talent show, ha aiutato o meno le piccole realtà?

David Bonato: Inizialmente ero anche abbastanza contento dei talent, vedevo anche qualche artista che avevo seguito che, anche con solo un paio di passaggi televisivi, hanno visto incrementare quella che è la  loro fan base. Credo che i talent vadano bene, perché comunque hai uno sbocco in più che prima (dei talent) non c’era. Poi, hai una grossa problematica che è quella di rendersi conto che, nei talent, vai a fare televisione, non stai facendo musica. Devi essere già strutturato par farlo, oppure, rischi di entrare nel dramma di questa spettacolarizzazione che ha dei lati negativi. Però, da quando c’è Manuel Agnelli (XFACTOR), mossa molto furba (ride, molto), prendere uno degli esponenti più alternativi, ha sdoganato (al mainstream) un certo mondo, che ha un senso. Una cosa è certa, per fare i talent, devi avere talento e attitudine. Non dimentichiamo che fare TV significa ottenere delle reazioni estreme.

Non vedo I talent come un grosso problema. il vero problema è ricercare i massimi sistemi, per esempio: se vinci un talent, devi essere per forza SONY. Questo è un problema! Se vai ad un talent devi rinunciare a tutti i contratti in essere, a tutti i legami, entri in un meccanismo che ti porta a diventare a tutti gli effetti “LORO”; ma questo è un discorso interno, il talent in sé è una vetrina…e ci sta!

B-Sides: Torniamo a noi, prima mi hai detto che hai cercato di specializzare la VREC verso un genere solo, però nel sito ci sono ben quattro distinzioni di genere musicale nelle quali perdersi. Come mai?

David Bonato: Questa divisione la devi fare, per dare un minimo di snellezza. Ma a breve avremo un nuovo sito che avrà una divisione sola: tra italiani e internazionali. La divisione attuale è figlia della struttura delle canzoni: chi ha una caratterizzazione più pop va in un certo modo, chi è più blues… ovviamente va altrove. Per esempio, un Giulio Casale che ha fatto la storia del rock con gli ESTRA , e ti fa il disco solista, dove lo metti? Ovviamente, fare un disco solista significa avere più chitarre acustiche, strutture più pop, che non hanno certo le rock band. Non puoi dire che non sia rock!

La divisione in generi è difficile ed in qualche modo superata, ma non possiamo caricare tutto sul sito …e via, serve un minimo di ordine.

B-Sides:
Meglio cantare in inglese o in italiano?

David Bonato: Questione di credibilità. Se uno sa bene l’inglese ed è credibile, per me, è meglio l’inglese. mi riferisco alle tematiche e all’accento, storytelling e, come lo fai, questo storytelling, la parte musicale la diamo per scontata. Il modo di scrivere è diverso per le due lingue, non devi cantare una canzone italiana in inglese. Se invece, andiamo nella poesia, in un certo modo di fare dischi cantautorali, la lingua italiana è quasi d’obbligo perché prevalgono le sfaccettature della lingua stessa, con le sue mille varianti, i doppi sensi. Ma se riesci a fare un buon disco in italiano (cosa tutt’altro che facile), riesci ad entrare nei cuori, nell’anima degli ascoltatori e li conquisti. Comunque la scelta va fatta a monte.

VREC non si limita a stare solo in Italia, abbiamo diversi sbocchi anche all’estero, delle collaborazioni con editori in Belgio, Francia e Germania. Attualmente stiamo cercando qualche contatto anche in Spagna, ci sono in essere collaborazioni anche con il mercato americano. Prendiamo in esempio il singolo REVENANT dei LAMBSTONEè stato un lavoro in sinergia, dove VREC ha curato la parte europea, mentre altre label hanno curato il mercato americano e giapponese. L’obiettivo è sia portare artisti nuovi dall’estero in Italia ma anche esportare nostri artisti al mercato estero. Questa è una delle priorità di VREC.

David Bonato
David Bonato – VREC Music Label

 B-Sides:
Come hai passato gli ultimi due anni di “stallo” ?

David Bonato: Prima della pandemia, il mio lavoro era prettamente orientato alla comunicazione per festival ed eventi per conto terzi e VREC era solo un vezzo, era il divertimento. Con la pandemia ci siamo trovati tutti con le attività live bloccate è c’è stata data l’opportunità di lavorare sul concept discografiche su quella che è la nuova frontiera delle tirature limitate dei vinili.

B-Sides:
Qual’è il futuro di VREC?

David Bonato: L’unica nota positiva della pandemia è che il commercio online si è sviluppato. Il commercio online tramite sito diretto ha avuto un input che prima non aveva, prima si vendeva solo tramite Amazon o pochi negozi specializzati. La pandemia è stato un momento ricco di riflessioni, per far sì che VREC diventasse sostenibile, il negozio online ha permesso di accorciare la filiera distributiva e (di conseguenza) aumentare i ricavi. Un’altra criticità è senza dubbio Spotify.

Con Spotify inizia a concretizzare con numeri troppo alti per noi, siamo troppo piccoli per ricavare qualcosa con tali standard. Spotify è un chiaro problema, quindi abbiamo deciso di non appoggiare più questa piattaforma per le nostre prossime pubblicazioni, anche perché il target medio di Spotify è Under 25 e non puoi proporre a dei giovani un rock d’autore suonato da cinquantenni, che senso ha? Quindi proponiamo il vinile, magari in edizione limitata, colorato e magari autografato, così l’acquisto ha più senso. Naturalmente il pre order aiuta molto, per gestire meglio la tiratura e non avere brutte sorprese (sorride).

B-Sides:
Questo ritorno al vinile, lo percepisci a livello commerciale?

David Bonato: “il ritorno al vinile c’è e lo si percepisce molto, per noi di VREC le vendite di vinile sono di molto superiori al CD. Sono convinto sia un supporto destinato a rimanere perché abbiamo bisogno di oggetti che ci caratterizzano, una sorta di lascito a posteri. Molti acquistano un disco addirittura senza ascoltarlo o meglio, acquistano il disco ma ascoltano il digitale. Il disco in vinile esteticamente vince contro tutti, forse è più scomodo ma arredare arricchisce il possessore perché descrivila persona.

Grazie DAVID e Grazie VREC.

Per saperne di più…  www.vrec.it

https://www.youtube.com/channel/UC1O3KN3QITbSoU5iVDvNfmA

 

 

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